Invocano il codice etico, parlano di trasparenza e merito, citano i valori fondamentali. E ricordano che l’inchiesta sul Mose ha coinvolto Giorgio Orsoni fino a costringerlo alle dimissioni da sindaco di Venezia, ragione per cui a loro dire sarebbero venuti meno i requisiti minimi all’insegnamento.
Con un’articolata lettera al presidente del collegio didattico di Ca’ Foscari Jan Van der Borg e al direttore del dipartimento di Economia Monica Billio, gli studenti universitari chiedono chiarimenti sulla scelta di affidare al docente Orsoni, ordinario di diritto amministrativo, una cattedra dell’ateneo: «Riteniamo che le note vicende in cui è implicato stridano con gli ambiti lavorativi a cui, secondo l’Università stessa, si indirizzano le nozioni che dovrebbe impartirci». E suggeriscono alternative: «Vi sono docenti che attendono di vedere riconosciuti meriti e competenze, ma anche valori etici».
Per Orsoni, dunque, non c’è pace. Dopo la caduta politica causata dall’indagine per finanziamento illecito legata allo scandalo Mose e culminata con il clamoroso arresto (domiciliari) di giugno, l’ex sindaco deve affrontare anche la grana accademica. «È in corso una campagna denigratoria nei miei confronti — ha replicato —. Ho già chiamato l’ateneo ma questa lettera pare non sia arrivata. In ogni caso bisognerebbe fare un po’ di chiarezza, perché ho l’impressione che si stia semplicemente infangando il mio nome». Nel frattempo l’Università ha voluto precisare che Orsoni, docente di ruolo, ha tutto il diritto di tornare all’inseganmento: «È infatti rientrato in servizio dopo un periodo di aspettativa non retribuita per il mandato elettorale svolto al Comune di Venezia. Come ogni docente, è tenuto a rispettare i compiti didattici. È previsto dalla legge, non gli può essere negato ed è un atto dovuto».
Dal punto di vista giudiziario l’ex sindaco è in attesa dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari da parte della procura di Venezia. Dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno e porterà quasi certamente a un processo a suo carico. Sarà imputato di finanziamento illecito per aver ricevuto in modo irregolare 260 mila euro nel corso della campagna elettorale del 2010. Ad accusarlo è Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico del governo per le opere di salvaguardia di Venezia. Mazzacurati ha dichiarato di aver consegnato all’allora candidato alla prima poltrona della città circa 500 mila euro. Orsoni aveva inizialmente tentato il patteggiamento, con il parere favorevole della procura di Venezia: quattro mesi di reclusione più 15 mila euro di risarcimento. Ma il giudice veneziano ha ritenuto la pena incongrua e ha rigettato l’istanza aprendo di fatto le porte al processo. C’è un paradosso: Orsoni sarà infatti il solo imputato eccellente del processo Mose a non essere accusato di corruzione.
Andrea Pasqualetto – Corriere della Sera – 24 novembre 2014