di Gianni Favarato Sarà un resa dei conti “all’ultimo sangue” tra Regione, Comune di Venezia ed Eni che sono i maggiori soci della società consortile che regge il Parco tecnologico e scientifico Vega di Marghera.
Il prossimo 6 giugno è in programma il consiglio di amministrazione e in questi giorni si accavallano voci di grossi colpi di scena con la richiesta, da parte di uno o più soci del Parco, della messa in liquidazione della società, con la creazione di una “bad company” su cui convogliare i debiti accumulati negli ultimi anni e una “new company” che gestirebbe i servizi (dagli uffici dati in affitto alle forniture di energia, ai collegamenti multimediali e l’incubatore di “start up”) che Vega fornisce alle circa 120 aziende insdiate nei sui edifici incuneati nell’area tra via Della Libertà e via Delle Industrie . I debiti sono arrivati ora a ben 8 milioni di euro, tanto che le banche hanno deciso di chiudere i cordoni del credito. Tutto ciò, malgrado gli incassi annui di 3 milioni di euro per affitti e servizi forniti il capitale sociale del Vega sia pari a 12,5 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti almeno altri 30 milioni di euro di immobili che però – nonostante i recenti tentativi di cederli al mercato con apposite gare internazionali per manifestazioni d’interesse – non si riescono a vendere a causa della grave e lunga crisi che colpisce, in primo luogo, proprio il settore edilizio e immobiliare che fin dalla nascita del Vega è stato il suo cavallo di battaglia. Prima dell’ultima grande crisi, in effetti, il Parco Vega (durante la gestione di Massimo Colomban e Luigi Rossi Luciani) riuscì a ripianare un pesante deficit in bilancio vendendo l’area del Vega 2 per ben 20 milioni di euro a Condotte Immobiliare, con la quale però ora è in lite a causa delle opere di bonifica date per fatte da Vega ma non per il ministero e le normative nazionali in vigore. Anche il direttore generale oggi in carica, Michele Vianello, ha pubblicato un bando internazionale per vendere una porzione dell’edificio Lybra che però, nonostante le proroghe, non ha avuto esito, al pari del bando per la realizzazione di “Pandora”, un nuovo palazzo “smart e intelligente” di nove piani che per Michele Vianello dovrebbe diventare « il prototipo di nuova generazione di edifici umanizzati, capaci di coniugare tecniche costruttive, multimedialità e sostenibilità ambientale». A questo punto, sarà il consiglio d’amministrazione del 6 giugno a dover decider come uscire da questa difficile situazione e, soprattutto, dalla mancanza di ulteriori crediti delle banche che on s’accontentano più delle ipoteche su immobili (invendibili sul mercato) date in garanzia. Le vie d’uscita, comunque, ci sono in quanto il Parco Vega ha un capitale sociale e immobiliare maggiore dell’indebitamento. Ma l’impressione è i soci maggiori del Vega sono in rotta di collisione: la Regione guidata da Luca Zaia (che ha messo d’autorità un suo uomo fidato alla presidenza, Daniele Moretto) che attraverso Veneto Innovazione (VI Holding) ha il 17 % in Vega; il comune di Venezia che ha 37,3 % e Syndial (Eni) che ha una quota del 18,4 % ma vuole a tutti i costi azzerarla per uscire definitivamente da Marghera, in concomitanza con la cessione delle sue aree industriali dismesse (120 ettari) ad una società mista di scopo che però Comune di Venezia e Regione Veneto non si decidono a costituire.
La Nuova Venezia – 4 giugno 2013