Esce dal bar con il panino in mano. Fa a tempo a darci una morsicata, alla seconda non ci arriva: è stato puntato da un gabbiano che, come guidato da un radar, si fionda sul pane e prosciutto e se lo porta via. D’accordo gli cade a terra poco dopo, ma la sfida è tra di loro, che fanno a gara a prendere la parte più grande. Eppure rispetto all’anno scorso, dove Veritas (la società multiservizi ambientali di Venezia) ha introdotto il nuovo sistema porta a porta e i rifiuti non restano più in calle, sono diventati un terzo.
Via il cibo, via i gabbiani. Anche se difficilmente cambiano casa, si spostano per colazione, pranzo e cena ma poi ritornano dove hanno il nido. Lo storico caffè Florian di piazza San Marco ad esempio le ha studiate tutte per mettere al riparo clienti e camerieri dai violenti attacchi. Il primo esperimento lo ha fatto con coperchi usa e getta di plastica, ma non è andata bene. Ci ha riprovato con dei più pratici coperchi in cartone e di acciaio, così gli snack più graditi ai gabbiani escono dalla cucina coperti. Il Quadri invece aveva provato a sistemare dei palloncini nella speranza di spaventare i volatili, inutilmente, poi ha optato per gli spruzzini ad acqua. Appena i camerieri notano un gabbiano (o un piccione) arrivare minaccioso su un tavolino ne afferrano uno dal tavolino di servizio e annaffiano. Uno dei sistemi che il mondo scientifico suggerisce per ridurne il numero è quello di cospargere paraffina sulle uova di gabbiano. Queste non si schiudono e gli adulti quasi sempre interrompono, o quanto meno riducono, la riproduzione. Si tratta di un sistema in uso a Trieste e che potrebbe essere sperimentato sull’isola di San Michele dove c’è il cimitero e dove c’è il problema dei nidi. Ma il sistema migliore, anche per ridurre la presenza di topi, è quello di togliere i rifiuti di torno. Lo hanno evidenziato il monitoraggio del Corila sulla popolazione del gabbiano reale in centro storico e lo studio degli effetti del nuovo sistema di raccolta rifiuti (a Dorsoduro e Santa Croce) sull’andamento delle presenze.
Si rifugiano sui tetti, nelle zone tranquille della città, fanno una covata all’anno composta in media da tre uova. Le prime coppie in atteggiamento riproduttivo sono state osservate a Venezia nel 2000, nel 2005 erano stati censiti 24 nidi, adesso sono oltre cinquanta e solo in due sestieri. Problemi? Tanti, dal disturbo acustico (soprattutto tra marzo e luglio quando si riproducono), ai danni agli edifici, dal comportamento aggressivo allo spargimento dei rifiuti in calle. Il nuovo sistema di raccolta però ha già dato risultati se a Santa Croce i gabbiani sono passati da 62 a 23 quando i sacchetti lasciati fuori dalla porta si sono ridotti da 349 a 25. «L’indagine ci dice che il gabbiano non abbandona la propria casa, ma cambia alimentazione — dice il direttore generale di Veritas Andrea Razzini —. Dai resti di cibo è passato a mangiare granchi». Quanti siano in tutta la città non è stato ancora stimato ma sono diventati un problema al pari dei piccioni. Per questi il Comune di Venezia ha deciso di avviare un monitoraggio con catture con gabbie e reti di 20 esemplari vivi — per analizzarli — per almeno tre volte nel corso dell’anno. L’obiettivo è contarli e verificare le loro condizioni di salute, anche a tutela di quella di cittadini e turisti.
IL Corriere del Veneto – 27 marzo 2018