Le sentenze stanno arrivando a Palazzo Mandelli proprio in questi giorni, tranne ovviamente quelle impugnate in Corte di Cassazione, come per esempio quelle che riguardano Giancarlo Galan e Renato Chisso.
Ormai infatti i tre mesi sono passati, gran parte dei patteggiamenti sono diventati definitivi e per gli imputati dell’inchiesta Mose arriverà presto la terza stangata: dopo la confisca di beni, che la procura ha posto come fondamento per patteggiare, e dopo – per coloro che erano accusati di aver ricevuto denaro – le contestazioni del fisco, ora tocca alla Corte dei Conti. Per chi ricopriva incarichi pubblici, sia a livello politico, che amministrativo, la procura chiederà infatti il danno all’immagine provocato agli enti rappresentati, ma ci sono anche dei fascicoli aperti sui costi «gonfiati» attraverso la sovrafatturazione, per esempio sui famosi sassi croati. E oggi, alla Scuola grande di San Giovanni Evangelista, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, il procuratore regionale Carmine Scarano parlerà molto di Mose e di corruzione, chiedendo anche alla politica di dare più poteri all’ufficio da lui diretto nel contrasto alle mazzette in via «preventiva».
«Una Corte dei Conti ben attrezzata può costituire un valido argine al fenomeno corruttivo, prima che degeneri in comportamenti penalmente rilevanti», scrive Scarano nella sua relazione, in cui non nasconde di concordare con la ricetta del procuratore aggiunto di Venezia Carl0 Nordio sulla «guerra alle mazzette». «L’inasprimento delle pene non serve – continua il procuratore della Corte – il punto nodale risiede nella proliferazione normativa e la sua soluzione sta nel contrasto all’evasione fiscale che consente la costituzione di fondi neri da destinare ai corrotti». Tanto per fare un esempio Scarano ricorda il codice degli appalti e i suoi 257 articoli, a cui vanno aggiunti decreti attuativi e tutto il resto. Nel mirino della procura ci saranno anche le società partecipate – di cui negli anni «si è fatto a volte un uso strumentale per sfuggire ai vincoli della finanza pubblica o per collocazioni di personale ad elusione delle regole sulle assunzioni nel pubblico impiego», con una «indebita dilatazione della spesa pubblica» – e il sistema delle Ater, in particolare quella di Venezia che nell’ultimo anno ha avuto ben tre processi per danno erariale, oltre a un’indagine penale della procura della Repubblica lagunare, soprattutto per i numerosi contratti non rinnovati e dunque non adeguati all’insù. «L’attività di vigilanza della Regione Veneto non ha condotto a significativi mutamenti della gestione del patrimonio da parte dell’azienda», scrive Scarano, pur ricordando l’azzeramento del cda.
Nell’arco del 2014 sono arrivate alla procura della Corte dei Conti ben 1142 denunce e ora i fascicoli pendenti sono 7754: 1252 sono state le archiviazioni, mentre sono stati 122 i soggetti citati a giudizio per danno erariale, con un ammontare complessivo richiesto di 12 milioni e 141 mila euro. Nel corso dell’anno, poi, tra sentenze di primo e secondo grado, la procura ha ottenuto condanne per oltre 3 milioni di euro e anche 244 mila euro derivanti da «riparazioni spontanee». Scarano ringrazierà la Guardia di Finanza e i carabinieri del Nas, con cui proprio nei giorni scorsi è stato firmato un protocollo specifico sui danni erariali in sanità. «E’ una garanzia per arrivare prima al risultato», aveva commentato Scarano. «È una trasposizione della capacità investigativa dell’Arma a livello contabile – aveva aggiunto il generale di divisione Cosimo Piccinno – qui sta il valore aggiunto». Già nell’ultimo anno un paio di Usl, quella di Rovigo e quella di Vicenza, grazie alle indagini nei Nas stanno recuperando oltre 4 milioni di euro da altrettante cliniche private.
Alberto Zorzi e Elisa Lorenzini – Corriere del Veneto – 4 marzo 2015