Il Corriere del Veneto. «Mi sono svegliato alle 3, come ogni notte, con l’ansia che dopo poche ore mi avrebbe potuto chiamare un insegnante per informarmi di essere positivo». Un incubo, perché un prof positivo significa cercare un supplente con al massimo un’ora di tempo. Alle 3 Luca Antonelli, preside dell’Istituto comprensivo Parolari di Zelarino (Venezia), si è rimesso a dormire. Ma per poco perché quattro ore dopo è già in piedi. «Alle 7, come sempre, controllo il portale del ministero, il cruscotto, per appurare che il personale sia a norma con il green pass. Se a fianco del nome del docente c’è il bollino verde è tutto ok, se c’è il rosso qualcosa che non va», racconta. Il bollino rosso significa due cose: il professore si è contagiato o gli è scaduto il green pass perché sono passati sei mesi dalla seconda dose.
«Oggi, a differenza di altri giorni, sono tutti verdi». Sospira di sollievo il dirigente mentre esce di casa e va verso scuola. Sono le 7.30 e arriva la prima telefonata. E’ un insegnante che ha avuto il Covid: oggi dovrebbe rientrare. Ha in mano l’esito negativo del tampone, ma non gli è ancora stato rilasciato il certificato di fine malattia. E senza il certificato non può entrare. Antonelli si attacca al telefono, contatta medico competente e autorità: spiega, chiede, insiste. Il lasciapassare arriva: il documento arriverà in 48 ore, ma per ora basta il tampone. Quando il preside – che dirige un istituto che conta 4 elementari e 2 medie per 850 alunni – arriva in ufficio sulla scrivania ha già il quaderno con tutte le pratiche «ordinarie» della giornata: consigli di classe, progetti di didattica, incontri. Neanche lo apre e si attacca al telefono. Chiama la Montalcini, tutto bene; chiama la Munaretto, tutto bene, chiama la Parolari, tutto liscio anche là. «Mi preoccupa una classe delle medie, ieri sera è emersa una seconda positività. In questo caso gli studenti vaccinati possono continuare a frequentare in presenza, gli altri vanno in dad. Ieri ho avvertito tutte le famiglie ma devo chiamare la referente del plesso per capire se è andato tutto bene o si è presentato a scuola qualche alunno che deve seguire da casa», spiega Antonelli. Non lo racconta nei dettagli, ma c’è il rischio che sia scoppiato un parapiglia con una famiglia che si è vista respinta il figlio. Cinque minuti di tranquillità, il preside si prepara ad aprire la pila documenti «ordinari» ma squilla il telefono. «Un bambino è risultato positivo, devo fare il tracciamento, avvertire l’Usl e tutte le famiglie. Ci vorranno 40 minuti». Ottimista: non fa in tempo a terminare che il telefono squilla di nuovo. «Un altro bimbo positivo, in un’altra classe». E ricomincia con il giro delle persone da avvertire. E’ la tarda mattinata quando Antonelli riprova ad affrontare le pratiche ordinarie. «Tutto ciò che è relativo alla didattica…»… vorrebbe spiegare ma il cellulare squilla di nuovo. Sono genitori delle elementari che dicono che nel pomeriggio faranno fare il tampone ai figli e chiedono se la scuola domani li accoglierà. Nessuno capisce più cosa deve fare. «Il protocollo è cambiato -spiega il preside – se prima, dopo un caso, gli studenti venivano tutti testati contemporaneamente dalle Usl e rientravano insieme, adesso ogni famiglia può fare il test in farmacia; con il risultato che gli alunni possono rientrare a spizzichi e bocconi a seconda di quando fanno il tampone. Non ce la faccio più – sospira Antonelli – e va meglio di ieri quando due collaboratori scolastici ci avevano comunicato di essere malati e abbiamo dovuto attaccarci al telefono per trovare supplenti per tenere aperto un plesso». Il telefono continua a squillare, sempre per il Covid: nell’istituto una classe su 4 ha almeno un positivo. Sarebbe l’ora di pranzo, ma Antonelli non fa pausa, ora può concentrarsi per un po’ solo sulla pila di documenti didattici. Dopo le 14 il telefono riprende a squillare. «Va avanti così, poi la sera ricevo l’esito di diversi tamponi e devo disporre rientri e quarantene». Preside lo vuole un caffè? «Caffè? Qua ci vorrebbero un paio di birre