Gli esperti sembrerebbero concordi: sono il freddo e la «fame» di ossigeno ad aver ucciso diversi pesci tra le acque del centro storico di Venezia e nel portogruarese. Il condizionale è d’obbligo in casi come questi, dove le variabili in gioco sono molte e si stanno svolgendo i necessari approfondimenti.
Ogni inverno fenomeni strani
Partiamo dai fatti: è diventato un fenomeno frequente negli ultimi anni, tra gennaio e febbraio, che si concentrino banchi di cefali in alcune aree del centro storico veneziano. Gli avvistamenti si concentrano in bacino Orseolo, dove ormeggiano le gondole a due passi da Piazza San Marco, ma anche in prossimità dell’Arsenale e in zona Sant’Elena in acque «più aperte». L’allarme è scattato quando si sono visti affiorare alcuni pesci morti: mercoledì mattina, a denunciare la situazione è stato Claudio Vernier, presidente dell’Associazione Piazza San Marco. Vernier ha notato il fenomeno in fondamenta Ca’ Balà, in zona Salute: «Si vedevano molti pesciolini morti lungo il canale, mentre a 30, 40 centimetri di profondità anche alcuni agonizzanti. La cosa mi ha stupito e preoccupato, sebbene ci sia bassa marea, e ho avvisato le forze dell’ordine». Un evento simile si è registrato anche nei giorni scorsi nel fiume Lemene, a Concordia Sagittaria (Venezia) e in alcune zone del portogruarese, con centinaia di pesci deceduti. Non ci sarebbero – come per Venezia – ragioni legate a inquinamento ambientale: la polizia locale di Portogruaro ha avviato le indagini senza individuare sversamenti o eventi anomali.
Quale potrebbe essere la causa? Il fiume Lemene aveva registrato temperature molto basse, nonché livelli di portata molto bassi. A Venezia, anche se il sole brilla e scalda i masegni, non è lo stesso per l’acqua, soggetta nei giorni scorsi anche a fenomeni di bassa marea eccezionale. «Fa freddo, qualche individuo magari meno resistente soffre e, visto che si spostano in massa, questi casi di moria si notano di più» riflette Fabio Pranovi, docente di Scienze ambientali a Ca’ Foscari. «La bassa marea è tipica di questi periodi, il che comporta meno volume e meno ossigeno: i pesci però sono abituati a seguirla, non credo sia un fattore determinante. Lo sono le temperature notturne». Pranovi sottolinea che ormai da anni i cefali vengono avvistati in massa in questa stagione. «Stiamo formulando delle ipotesi sul perché si accumulino in queste aree – spiega – intanto, pensiamo che si spostino nei canali per “nascondersi” dai cormorani: abbiamo notato la presenza di questi volatili in bacino San Marco, potrebbe essere correlata».
Ragiona con cautela anche Luca Mizzan, direttore del Museo di Storia Naturale di Venezia: «Tre settimane fa si sono registrate le prime segnalazioni di pochi esemplari che morivano in zona Sant’Angelo, sarebbe da capire quali specie ci sono». L’esperto ricorda che ve ne sono sei differenti in laguna, una resistente al freddo e altre più sofferenti. «Quando ci sono temperature basse i cefali cercano acque più miti: se lo fanno in zone con poco ricambio d’acqua, rischiano di togliersi l’ossigeno». Un paio di anni fa si era anche ipotizzato che i pesci, sfregando contro le pareti dei canali, si ferissero e morissero a causa dei batteri nell’acqua. Oggi è il fattore temperatura a prevalere.