L’assessore Coletto: «Se si chiede il giusto, la gente paga». Gli ultimi sono stati «pizzicati» dalle fiamme gialle a Padova (146), a Treviso (un migliaio) e nel territorio dell’Usl 7 di Pieve di Soligo (150). Ma dall’inizio dell’anno la Guardia di finanza ha già operato 610 controlli, accertando un’evasione di 33 mila euro.
Sotto la lente i «furbetti» del ticket, veneti dai 20 ai 60 anni che dichiarano un reddito familiare complessivo inferiore ai 36.151,98 euro per non pagare 36,15 euro a ricetta e 10 a prestazione specialistica, ma in realtà godono di patrimoni ben più sostanziosi e sono spesso proprietari di case e beni di lusso. Un andazzo che la Regione, in collaborazione con le forze dell’ordine e il ministero della Salute, sta però contenendo: dal 2009 al 2012 l’importo complessivo non percepito dal sistema sanitario a causa di false autocertificazioni è sceso da 10,5 a 7,3 milioni di euro. Ora la nostra è la quarta realtà d’Italia in cui si evade meno il ticket, dietro Marche, Umbria e Abruzzo (che però tutte insieme non fanno gli stessi abitanti del Veneto).
«Merito dei controlli incrociati informatici effettuati in collaborazione con il ministero della Salute, che ogni mese invia a ciascuna Usl un elenco di posizioni da verificare, e con la Guardia di finanza, con la quale il presidente Luca Zaia ha sottoscritto un protocollo d’intesa — spiega Roberto Ciambetti, assessore al Bilancio —. Attualmente la percentuale di finti esenti si attesta tra il 6% e l’8%, ma sicuramente scenderà ancora, sfatando il mito dei veneti evasori. I nostri cittadini si stanno dimostrando piuttosto ligi nell’onorare le imposte e proprio per incrementare questa tendenza abbiamo deciso di mantenere i ticket sanitari sulla quota minima, a differenza di altre regioni (per esempio Lombardia e Trentino Alto Adige, ndr)». «Se la tassazione è equa si evade meno — concorda Luca Coletto, assessore alla Sanità — ma la scelta di tenere gli importi di base è dettata anche dal momento di crisi economica. Non volevamo penalizzare ulteriormente la gente, perchè la sanità non è un vezzo nè deve diventare un privilegio da ricchi ma va considerata un servizio a sostegno di tutti. I soldi evasi e recuperati servono proprio a concedere benefici ai più bisognosi, perciò non possiamo permetterci di abbassare la guardia, se vogliamo conservare la pace sociale e tutelare la salute pubblica. Se aumenta il numero di chi non si cura a causa di limitate risorse economiche — chiude Coletto — aumenta anche il rischio di focolai di infezione, perchè salta la prevenzione».
Ma come è riuscito il Veneto ad abbassare il numero dei «furbetti»? «Operiamo controlli incrociati informatici tra il reddito dichiarato al Fisco dall’esente e quello da lui indicato alla propria Usl — spiega il generale Fabrizio Martinelli, capo di Stato maggiore della Guardia di finanza del Veneto —. Se accertiamo una posizione irregolare, la segnaliamo alla Regione per il recupero del ticket non percepito dall’azienda sanitaria interessata e intanto operiamo un approfondimento sul reddito del soggetto sotto esame, per capire se abbia reiterato nel tempo il comportamente scorretto. Se così è, può scattare la denuncia penale, come nel caso di presentazione di documenti falsi». Il che non avviene di rado, sempre nella convinzione di farla franca, «perchè tanto all’Usl nessuno controlla». In realtà c’è un gruppo di aziende sanitarie, che varia nel tempo secondo un programma di turnazione concordato con la Regione, tenuto particolarmente d’occhio dalle fiamme gialle, proprio per capire se il fenomeno risulti «acuto» in determinate aree.
Allo stesso tempo procede il vaglio delle prestazioni sociali agevolate (assegni sociali, sussidi per libri scolastici, mense, trasporto disabili e minori, tasse universitarie): da gennaio le fiamme gialle hanno operato 314 controlli, recuperato 87 mila euro e segnalato 322 persone, 33 delle quali denunciate per truffa ai danni dello Stato.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 25 agosto 2013