L’ultimo assegno di fine mandato, in ordine di tempo, è stato liquidato giovedì a Ferro Fini. Dopo essere decaduta da consigliere regionale in conseguenza della condanna per le spese elettorali, l’assessore uscente (e ricandidata) Isi Coppola potrà intanto incamerare la buonuscita, dopodiché chi vivrà vedrà se davvero i futuri componenti dell’assemblea manterranno le promesse elettorali degli aspiranti governatori, che in questi giorni si sono tutti impegnati ad intervenire anche retroattivamente sui costi della politica.
Di sicuro sappiano, i prossimi inquilini del Palazzo, che sulla loro strada incroceranno 60 ex colleghi, determinati a difendere fino in fondo i propri diritti acquisiti: il 7 ottobre, infatti, approderà davanti al Tar del Veneto il maxi-ricorso contro il prelievo di solidarietà che ha temporaneamente ridotto i loro vitalizi.
Tecnicamente si tratta dell’impugnazione della delibera 6 dell’ufficio di presidenza, licenziata lo scorso 27 gennaio in attuazione della legge regionale 43 del 23 dicembre 2014. La norma prevede che nel 2015 e nel 2016, dunque per un arco temporale limitato a due anni, le erogazioni ai consiglieri regionali in quiescenza vengano decurtate secondo questa gradualità: un taglio del 5% per gli assegni mensili fino a 2.000 euro, dell’8% tra 2.000 e 4.000, del 10% tra 4.000 e 6.000 e del 15% oltre i 6.000 euro. La disposizione stabilisce inoltre che, nel caso di cumulo con la pensione maturata al parlamento italiano o europeo, la sforbiciata raggiunga il 40%.
Una settimana fa il Tar del Lazio aveva dichiarato inammissibile l’istanza cautelare presentata dagli ex consiglieri di quella Regione su un altro aspetto dello stesso argomento, relativo in quel caso al provvedimento che innalza l’età pensionabile da 50 a 65 anni, «considerato che sussistono fondati dubbi in ordine alla giurisdizione del giudice amministrativo a decidere sulla controversia». Uno stop che a quanto pare non spaventa però i ricorrenti veneti, assistiti dall’avvocato Maurizio Paniz: «In quel caso si è trattato di una richiesta di sospensiva che non è stata accolta, e secondo me giustamente, perché non si profilava alcun rischio di danno grave ed irreparabile. Detto questo ci troviamo indubbiamente all’interno di una materia borderline, per la quale non è ancora chiaro se la competenza si radichi davanti al Tribunale amministrativo regionale, al giudice ordinario o alla Corte dei conti. Ad ogni modo sarà l’aula la sede opportuna per esporre argomentazioni delicate e difficili dal punto di vista legale».
Da quanto trapela sarebbero comunque almeno tre i motivi di censura sollevati dagli ex consiglieri: l’arbitrarietà ed irragionevolezza della misura, che imporrebbe il sacrificio ad una sola categoria, oltretutto senza motivarlo adeguatamente; la contraddittorietà della richiesta di contributo in rapporto ai risparmi a suo tempo sbandierati dal consiglio regionale; l’incompetenza della Regione in materia previdenziale. «Staremo a vedere – dice il presidente uscente (e non ricandidato) Clodovaldo Ruffato – ma di sicuro l’istituzione resisterà in giudizio, perché è proprio in tempo di crisi che va dimostrato il senso di responsabilità».
Nella storia della Regione Veneto, a fronte di 271 assegni (fra cui 45 di reversibilità) tuttora erogati, un solo ex consigliere regionale ha rinunciato del tutto al vitalizio: si tratta di Alessio Morosin, eletto per un mandato con la Liga Veneta. Anche Gennaro Marotta dell’Italia dei Valori l’ha rifiutato, ma ha chiesto e ottenuto la restituzione delle trattenute operate in busta paga nel corso della legislatura.
Regione, paura per il taglio ai vitalizi. È corsa a riscuotere la «liquidazione». C’è chi teme di perdere l’assegno di fine mandato. Gli uffici: «Contatti per i conteggi»
Se mai ce ne fossero ancora stati, gli ultimi dubbi sono evaporati l’altra sera in diretta tivù: chiunque vinca il prossimo 31 maggio, calerà la mannaia sui costi della politica. Alla fine è questo l’unico terreno in cui si sono ritrovati tutti dalla stessa parte, infatti, i quattro partecipanti al confronto di SkyTg24: Jacopo Berti, Alessandra Moretti, Flavio Tosi e Luca Zaia.
Ma schierati a catenaccio nell’altra metà campo ci sono quei consiglieri regionali, «un fronte assolutamente trasversale» sussurrano a Palazzo, tentati di cedere al timore di tagli retroattivi e quindi di dimettersi alla vigilia delle elezioni, in modo da incassare l’assegno di fine mandato (e magari pure il vitalizio, calcolato ancora con il retributivo) prima che sia troppo tardi.
Diciamolo subito: con ogni probabilità si tratta di una preoccupazione infondata. La legislatura, già in regime di prorogatio da quasi due mesi, è ormai agli sgoccioli. I consiglieri uscenti resteranno in carica fino alla proclamazione dei nuovi eletti, che potrebbe avvenire intorno al 5 giugno, dopodiché il consiglio regionale della decima legislatura dovrà essere convocato entro i successivi dieci giorni per l’elezione del presidente, dei suoi due vice e degli altrettanti segretari, quindi potranno passare altre venti giornate prima della seduta dedicata alla presentazione della giunta e del programma da parte del governatore. Dunque è ben difficile che una norma che abroghi i benefit venga licenziata in tempi rapidi, per cui la cessazione della carica alla scadenza naturale del mandato non cambierebbe di molto la situazione.
Tuttavia si sa che la paura sa essere irrazionale, altrimenti non si spiegherebbe l’ansia con cui dall’inizio di questo mese si sono infittiti non solo e non tanto le voci di dimissioni anticipate che circolano nei corridoi di Ferro Fini, ma anche e soprattutto i contatti con l’ufficio del bilancio per effettuare i conteggi sugli arretrati spettanti ai possibili dimissionari e le discussioni informali all’interno dell’ufficio di presidenza a cui compete la liquidazione del trattamento di fine rapporto (38 mila euro per un mandato, 76 mila per due). I testimoni di questo clima surreale riferiscono così i patemi di quei consiglieri: «Intanto porto a casa quanto mi è dovuto, poi succeda quel che deve succedere, ma voglio proprio vederli davanti alla Corte Costituzionale».
Il tempo stringe, la tensione sale. Soprattutto dopo che i candidati governatori hanno ribadito, praticamente in stereo, la loro volontà di sfrondare i costi della politica, non disdegnando di intervenire retroattivamente. Moretti: «Ricalcoleremo i vitalizi su base contributiva e aboliremo l’assegno di fine mandato». Zaia: «Noi siamo per l’eliminazione del vitalizio di chi lo ha maturato e ancora non lo percepisce, per la trasformazione del vitalizio già percepito secondo il metodo contributivo e per l’eliminazione dell’assegno di fine mandato». Tosi: «I vitalizi dovranno essere calcolati col sistema contributivo ed il trattamento di fine rapporto dovrà fare cumulo sul resto». Berti: «Sì all’abolizione totale dei vitalizi e no all’assegno di fine mandato». Proprio il portacolori del Movimento 5 Stelle, a proposito degli uscenti che hanno acquisito il diritto alla «liquidazione», nel suo programma promette: «Cercheremo di intervenire in tempo prima che questi soldi vengano erogati».
Per l’appunto. Ma è dura trovarne uno che ammetta pubblicamente di essersi mosso per valutare le dimissioni in zona Cesarini. «Certo però che se qualcuno ascoltava gli interventi dei candidati a Sky, gli veniva voglia di farlo», commenta il pd Lucio Tiozzo: «Personalmente non penso di abbassarmi a tanto, però vorrei fosse chiaro che quell’assegno mi spetta di diritto, visto che per stare in consiglio regionale ho perso 15 anni di Tfr come dirigente d’azienda». Sbotta il tosiano Moreno Teso: «Penso che non lascerò anzitempo, ma cosa ve ne importa? In fondo non cambia nulla, la legge è vigente ed è chiara. Questi discorsi servono solo a nascondere i veri problemi, come la tangente da un miliardo pagata in Veneto, altro che mille euro tagliati a un consigliere. Questa è pura demagogia elettorale».
Angela Pederiva – Il Corriere del Veneto – 23 e 24 maggio 2015