I prodotti sarebbero potuti finire sulle tavole dei consumatori o nelle mense delle scuole. Denunciate 8 persone. Centro di stoccaggio a Marghera, blitz anche a Padova, Vicenza e Verona
Una montagna di carne frolla, pesce prossimo alla decomposizione, verdura disidratata, pizze cotte usando la cannula a propano. Il tutto lavorato su ripiani bisunti, tra utensili ricoperti di grasso, padelle scrostate e aria viziata. Pesata su capaci bilance, una vagonata di oltre 130 tonnellate di generi alimentari che avrebbero dovuto diventare mangime per animali e invece erano a un soffio per finire nei piatti delle mense scolastiche, sui vassoi delle case di riposo e tra gli scaffali dei supermercati. Nei guai, grazie all’inchiesta «Dirty food» del Comando regionale della Guardia di Finanza, sono finiti i titolari di otto ditte all’ingrosso nelle province di Venezia, Padova, Vicenza, Pordenone, Verona e Parma denunciati a vario titolo per commercio di sostanze contraffatte alimentari o adulterate, frode in commercio, vendita di sostanze in cattivo stato di conservazione. Sette i lavoratori in nero scoperti durante le indagini. Il business del cibo scaduto rendeva bene: secondo gli inquirenti il valore complessivo della merce sequestrata si aggira intorno al milione e 300 mila euro. La truffa messa in piedi era ben articolata: gli stabilimenti compravano a basso prezzo pesce e carne quasi scaduti e destinati a diventare mangime e, una volta rietichettati, li vendevano a prezzo maggiorato.
I generi alimentari avariati, pagati 80 centesimi al chilo, venivano poi rivenduti a tre euro al chilo. Lo stabilimento di Marghera, in particolare, era il centro di distribuzione della merce e tra le sue mura sono state trovate 25 tonnellate di merce già lavorate (zucchine, pesci, polli e pizze), tutte surgelate e pronte per finire nei supermercati. A Monselice, nel padovano, le tonnellate di cibo deteriorato finite sotto sequestro sono state sei, oltre ad altri duecento chili di merce con etichetta di scadenza “rinnovata” ad arte. Nel pordenonese erano finiti filetti di pollo arrostiti usando la cannula a propano per ottenere la giusta doratura e che erano destinati a farcire 54 mila pizze. Nello stabilimento di Parma la situazione non era molto migliore: 5 tonnellate e 30 mila pizze surgelate. L’operazione ha avuto il suo fulcro a Torri di Arcugnano, in provincia di Vicenza, all’interno della ditta «Superchef» che in un sito internet si reclamizzava come azienda che «offre una distribuzione di piatti pronti surgelati, gustosi e igienicamente sicuri». Ditta alla quale nei mesi scorsi le era stata revocata la licenza e che si era riciclata diventando un laboratorio abusivo per la trasformazione dei prodotti. Come ha spiegato il generale Walter Cretella Lombardo, comandante veneto delle Fiamme gialle, «le indagini hanno evidenziato la capacità di colpire in maniera globale le violazioni alle regole del mercato, sotto il profilo sanitario, commerciale, fiscale e contributivo»
«È importante che i consumatori sappiano che in Veneto la vigilanza sulla qualità degli alimenti, e quindi sulla salute dei cittadini, non conosce soste. Complimenti alla Guardia di Finanza che con la sua azione continua ed attenta dà un contributo fondamentale in questa direzione». A dirlo è l’assessore all’Agricoltura e alla Tutela del consumatore della Regione del Veneto Franco Manzato in relazione al sequestro di 130 tonnellate di prodotti alimentari in pessime condizioni igienico-sanitarie, operato dalla GdF in Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. «Non ci stancheremo mai di sottolineare» aggiunge l’assessore leghista «che mettere sul mercato prodotti alimentari contraffatti o adulterati non è solo un illecito sul piano commerciale. Il rischio infatti è che questi alimenti non trattati secondo le regole finiscano sulle tavole nelle nostre case o nelle mense presenti sul territorio, con gravi conseguenze per la salute di chi li consuma». «Questo comportamento doloso» conclude quindi Franco Manzato «provoca inoltre danni anche dal punto di vista psicologico ed economico, sia nei confronti dell’utilizzatore finale, sia di chi lavora onestamente e in modo corretto per proporre ai consumatori prodotti con tutte le garanzie. La qualità dell’agroalimentare va tutelata con il massimo rigore, come è stato fatto anche in questa occasione con l’intervento della Guardia di Finanza».
la Nuova Venezia – 10 maggio 2012