L’abbraccio col papà. Il selfie con la mamma. Le nonne commosse che aggiustano cravatte e spazzolano spalle. Benvenuti in consiglio regionale, seduta inaugurale dello Zaia-bis che ha il mood del primo giorno di scuola. Abbracci, pacche, spintarelle e coppini, bacetti: «Grande!», «Mi-ti-co!», «Stai da Dio». Davvero destra e sinistra arrivano da cinque mesi di rissa elettorale? Qua sembrano tutti amicissimi, ma forse è il galateo istituzionale che impone così. Almeno il primo mese.
I volti nuovi sono molti e molti sono giovanissimi: come la democrat Cristina Guarda (25 anni) e la pentastellata Erika Baldin (26 anni), che il consigliere «anziano» Fabiano Barbisan vuole al suo fianco durante le operazioni per la scelta del nuovo presidente, oppure i leghisti Riccardo Barbisan (31 anni, nessuna parentela col Fabiano di cui sopra) e Alberto Villanova (34 anni), Francesca Zottis del Pd (35 anni), Jacopo Berti del Movimento Cinque Stelle (31 anni) e pure Nicola Finco del Carroccio, che a 31 anni è già il secondo giro. Non sono gli unici a tradire l’emozione. Ci sono anche consiglieri «d’esperienza» che dopo una lunga gavetta tra i banchi del loro Comune e un cursus da assessori, vicesindaci, sindaci e via discorrendo, approdano per la prima volta nel Palazzo solcando il Canal Grande a bordo del motoscafo come Clooney. Un certo effetto lo fa.
Già, il Palazzo. Lo stesso che i Cinque Stelle vorrebbero tirar giù a cannonate. «Ci fanno tutti tanti sorrisini – dice il capogruppo in pectore Berti – ma non hanno capito che non è così che si fanno “affari” con noi. Noi guardiamo al bene dei veneti, non ci interessano i giochetti della vecchia politica e non ci faremo tirare in mezzo dalla Casta». Ma il resto della truppa dov’è? «Alla buvette». Stupore. Come alla buvette? «Per un caffè, solo un caffè!». Ah, ecco. Guai a sfiorare tramezzini e panini a prezzo stracciato. I veterani, su tutti Massimo Giorgetti (in Regione dal 1995, c’era l’Msi), si muovono col piglio di chi la sa lunga e soprattutto sa dove andare, fermando con benevolenza un collega che si aggira timido: «Il bagno? Dov’è il bagno?». «Di là». Spunta l’ex presidente Valdo Ruffato, che abbraccia Barbisan (Fabiano) prima che prenda posto in aula: «Dovevano fare te presidente, altro che. Per tenere a bada quest’aula ci vuole gente di peso. E se te lo dico io…». Barbisan, presidente dell’Associazione produttori carni bovine che con Ruffato condivide una presenza di assoluto rispetto, se la ride.
Ecco Luca Zaia. Si fa largo tra le bandiere di San Marco portate pure qui dagli indipendentisti e veste la divisa d’ordinanza: spadina più cravatta sottile. Si intrattiene qualche minuto sulle scale col già ribelle Sergio Berlato, Fratello d’Italia escluso dalla giunta, poi saluta Alessandra Moretti con due baci sulle guance. Va detto che la mise della candidata Pd alimentava l’attesa sui social. Per le più curiose: abito rosso «corallo» che per alcuni virava verso il «geranio» (ci siamo fatti spiegare la differenza, non l’abbiamo capita), capelli raccolti con un mollettone che, dicono le più esperte, «farà discutere», almeno quanto il marsupio del pentastellato Simone Scarabel o la maglietta girocollo sotto la giacca, «alla Giorgio Armani», di Pietro Dalla Libera di Veneto Civico. A dirla tutta, tra i supporter in platea si vedono anche cappelli di paglia e vestiti da sera, un inno alla libertà alla faccia dei leghisti con le solite cravatte e le solite pochette verde Padania (che forse di questi tempi sono un po’ fuori moda).
I bambini, c’è di che capirli, dopo un po’ si afflosciano sulla sedia a giocare a Candy Crush mentre Barbisan, tra un «deve premere lì, sul pulsante, accenda il microfono» ed una scheda dispersa (il pubblico sbotta in un romanesco «annamo bene») scandisce monocorde: «Ciambetti, Roberto Ciambetti, Ciambetti…» (ricordate Boldrini con Mattarella?). Il leghista vicentino, ad ogni voto incassato, abbassa un po’ di più la testa, manco fossero scappellotti. Lui avrebbe preferito tornare in giunta con Zaia, non ne ha mai fatto mistero, e invece gli toccherà la poltrona di presidente del consiglio. Una malinconia svanita non appena ha messo piede in ufficio: vista sulla Salute e Punta della Dogana, pareti damascate, mobili antichi. È un duro lavoro, ma qualcuno lo dovrà pur fare.
Il Corriere del Veneto – 27 giugno 2015