Pubblico e privato uniti: «Rischiamo posti-barella». Per una volta pubblici e privati sono d’accordo, uniti nel contestare il taglio di 1227 letti ospedalieri sancito dalle schede approvate dalla giunta Zaia e ora al vaglio della commissione Sanità, che ieri ha iniziato le audizioni degli operatori coinvolti nella riforma.
«Prepareremo un rapporto sulle effettive ricadute economiche e occupazionali — ha annunciato Vittorio Morello, presidente regionale di Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) —. Tra l’altro se il saldo tra i pazienti in fuga verso altre regioni e quelli che vengono a curarsi qui resta positivo lo si deve al convenzionato, capace di assorbire il 44% dei malati forestieri. La presenza della strutture accreditate si attesta al 16,5%, contro una media nazionale del 29,6%, e costa l’11,9% della spesa ospedaliera, pur producendo il 18% delle prestazioni erogate (in totale circa 70 milioni l’anno, ndr)». Le schede tolgono complessivamente alle 26 cliniche private 150 letti, con gli «acuti» del Policlinico San Marco di Mestre, che ne perde 40, del -23 inflitto al «Sacro Cuore» di Negrar e dei 20 posti decurtati alla «Città di Rovigo». «Una logica della scure che non tiene conto della meritocrazia, visto che il nostro risulta il migliore ospedale del Veneto per produttività, tecnologia, capacità di attrazione e tasso di occupazione dei letti», ha spiegato Mario Piccinini, presidente dell’Aris (poli religiosi parificati) e del «Sacro Cuore». «Le schede ci sottraggono il 27% dei letti, riducendo al Day-Surgery la chirurgia ortopedica ordinaria — ha aggiunto Francesco Camisa, direttore del Policlinico San Marco —. Così si vanificano le tre nuove sale operatorie, si riduce l’attività del 58%, con relativa perdita di 22 milioni, e si fanno scappare altrove i pazienti».
Un grido di dolore condiviso dalla sanità pubblica. A cominciare dall’Istituto oncologico veneto, che deve rinunciare al primariato di Immunologia, servizio che garantisce il 40% della produzione scientifica, e a 8 letti chirurgici. «Ce ne assegnano 24 invece di 32 — ha rivelato il direttore generale Pier Carlo Muzzio — eppure ne servirebbero 45. Gli attuali sono già insufficienti a far fronte all’attività dello Iov, che ormai ha raggiunto gli stessi indici di Aviano, nonostante la grave carenza di spazi». Il manager si è poi detto perplesso riguardo l’attivazione in tutti gli ospedali capoluogo della «Breast Unit» (cura del tumore al seno), già presente nel suo Istituto, nel quale sarebbe invece utile potenziare l’organico dell’Unità per la terapia del dolore e istituire l’Unità operativa dei tumori ereditari, per coordinare laboratori, genetisti e centri diagnostici di tutta la regione. Un altro appello l’ha lanciato Sandro Caffi, dg dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, che ha chiesto per la sua (che perde 150 posti) e per l’Azienda ospedaliera di Padova (-145), «in vetta alle classifiche in quanto a parametri di produttività e nel tempo già abbondantemente coinvolte nel taglio dei letti», un «Piano Marshall». Ovvero la ridiscussione del bilancio con la Regione. Caffi ha anche suggerito un ruolo unico tra medici ospedalieri e universitari, idea che sarà suonata come una chimera all’Anaao, sigla degli ospedalieri ascoltata dalla commissione nella persona del segretario veneto, Salvatore Calabrese. Pronto a sottolineare «l’insufficienza dei letti per acuti, la mancata contestualità tra la loro riduzione e l’attivazione di 1263 sul territorio e il rischio di incorrere in posti-barella». Timore condiviso dai medici di famiglia, che il vicepresidente regionale della Fimmg, Domenico Crisarà, con un documento consegnato alla commissione ha così riassunto: «Rinunciare a 1227 letti ospedalieri significa caricare sulle strutture territoriali 60/80 mila pazienti l’anno e la sola risposta non possono essere gli ambulatori h24, che comunque ci impegniamo a gestire gratis. La Regione ci deve fornire i mezzi per farli funzionare, cioè chirurghi, anestesisti, infermieri, mezzi di trasporto, amministrativi e informatica. Servono almeno 100 milioni». Le prossime audizioni sono fissate il 12 e il 18 luglio, poi la commissione inizierà a discutere le modifiche da apportare alle schede, prima di farle tornare in giunta.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 5 luglio 2013