Quello che dovrebbe essere ovvio diventa un traguardo storico, e non solo per il Veneto, prima regione d’Italia ad assegnare alle Usl i soldi del Fondo sanitario adesso, ad inizio anno, e non tra ottobre e dicembre, come finora lo Stato ha sempre obbligato tutti a fare, distribuendo le risorse di settore quando ormai erano già state spese. Col risultato di costringere poi le giunte a fare salti mortali per rimettere in sesto i conti, pena il commissariamento. Ieri l’esecutivo di Palazzo Balbi guidato da Luca Zaia ha approvato il riparto provvisorio 2014, che consegna alle 24 aziende sanitarie un totale di 7 miliardi e 912.264.483 euro. In realtà da Roma ne arriveranno di più, cioè 8 miliardi e 333 milioni, cita la relativa delibera, ma i fondi rimanenti andranno nella «quota accentrata», che la Regione non destina alle Usl bensì tiene per coprire una serie di spese.
Per esempio 200 milioni sono destinati a prevenzione, Arpav, borse di studio, 70 milioni agli investimenti, 84,5 ai piani di rientro delle aziende in rosso.
«Come sempre a marzo il riparto nazionale è ancora indeterminato, ma è necessario garantire ai direttori generali un’indicazione stimata di quanto potranno spendere nel 2014 — spiega l’assessore alla Sanità, Luca Coletto — per evitare che viaggino a fari spenti per mesi. Si tratta dunque di un riparto che verrà aggiustato non appena avremo concordato quello nazionale, ma che è già indicativo dell’ordine di grandezza dei numeri. Anche in questo caso abbiamo applicato ovunque possibile la buona pratica dei costi standard, tentando di diminuire la forbice tra le diverse Usl e garantendo una spesa pro capite non inferiore a 1500 euro, come l’anno scorso». «A differenza del passato abbiamo potuto giocare d’anticipo in base a due certezze incontrovertibili — aggiunge il direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan — e cioè che il governo applica i costi standard e che il Fondo sanitario nazionale è di 109 miliardi, dei quali al Veneto va poco meno dell’8%. L’altra buona notizia è che tutte le 24 realtà del sistema si stanno avvicinando al rispetto dei budget loro assegnati, grazie anche ad una serie di tetti da noi imposti. Come quelli alla spesa farmaceutica territoriale, con un totale di 500 milioni, e ospedaliera, che ne vale 400, il limite all’acquisto dei dispositivi medici sancito tra i 600 e i 700 milioni, la soglia siglata per le spese del personale, del privato accreditato e delle prestazioni specialistiche, non più di 4 per abitante. Che a breve definiremo ulteriormente, indicandone il numero per specialità». Un metodo di lavoro che consentirà di aumentare il numero delle strutture in pareggio: ora sono otto (Feltre, Bassano, Thiene, Pieve di Soligo, Treviso, Este, Bussolengo e l’Istituto oncologico veneto), ma il 30 aprile, data in cui Palazzo Balbi dovrà presentare i conti definitivi del 2013 al ministero dell’Economia, saranno più della metà.
Per arrivare alla meta, la delibera approvata ieri dispone: «Eventuali risorse finanziarie per il 2014 che emergeranno dal riparto nazionale si propone siano assegnate alle aziende che presentano i maggiori disavanzi e siano particolarmente esposte verso i fornitori, al fine di minimizzare il carico degli interessi passivi per il ritardato pagamento delle forniture sul bilancio del Sistema sanitario regionale». «Un’altra decisione importante è di non aver messo alcun tetto di spesa a chirurgia, radioterapia, medicina nucleare e assistenza ambulatoriale correlate alle patologie oncologiche — aggiunge Coletto —. Un occhio di riguardo doveroso nei confronti dei malati di tumore».
Con l’approvazione del riparto è stato dato l’ok finale al Fondo per la non autosufficienza: 735.328.000 euro, di cui 714.235.500 derivanti dal Fondo regionale e 21.092.500, che però saliranno a 25 e sono in arrivo, da quello nazionale. «Pur con le difficoltà enormi imposte dalla spending-review, per il Veneto restano prioritarie le politiche a favore delle persone più deboli e delle loro famiglie — dice Remo Sernagiotto, assessore al Sociale —. Una delle novità importanti sono i 5 milioni destinati a servizi territoriali alternativi ai centri diurni per disabili».
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 12 marzo 2013