La spending cancella l’Indire di Mestre per cui erano stati investiti 400 mila euro
VENEZIA — Le graminacee ringraziano sentitamente. Con la spending review infatti hanno guadagnato un intero parcheggio, un pezzo di ingresso di un palazzo in centro città e uno spazio anche lungo i muri della sede veneziana dello storico centro di ricerche del ministero dell’istruzione. E per capire in che stato versa lo stabile, in via Leopardi a Mestre, basta passarci davanti perché entrare non è più possibile.
Per diminuire la spesa pubblica il governo ha deciso di cancellare definitivamente la sede veneziana dell’Indire (istituto nazionale documentazione e ricerca educativa, precedentemente noto come Ansas, prima ancora come Irre e ancora prima come Irrsae) chiedendo con una lettera ai venti dipendenti (tutti rientrati nelle scuole di appartenza dopo anni di servizio distaccato) di chiudere con un lucchetto porte e cancelli e spedire le chiavi in una busta a Firenze dove resiste una sede centrale dell’ente. «La decisione di chiudere ci è arrivata all’improvviso ad agosto — spiega Alessandro Penzo, tecnico di laboratorio che ha lavorato negli ultimi sette anni all’Indire e dal primo settembre è tornato a scuola — ma non sono sicuro che le operazioni che sono state fatte abbiano realmente comportato un risparmio: di fatto è stata abbandonata da un giorno al l’altro una sede di quasi mille metri quadri acquistata pochi anni fa dal ministero e per la quale erano stati spesi migliaia di euro per la ristrutturazione. E non solo: nella fretta di chiudere è stato lasciato dentro tutto il materiale didattico».
Niente che valga milioni di euro, sia chiaro, ma i mobili, le sedie i telefoni, i computer, la lavagna luminosa, le stampanti, gli armadi, il materiale di cancelleria, i cd, i dvd, una macchina fotografica digitale, due grandi monitor, un videoproiettore e una telecamera (come recita l’inventario) potevano essere utilizzati in altra maniera. «Potevano magari essere riscattati dai dipendenti così il ministero si teneva i soldi o si potevano assegnare a una scuola che magari ne aveva bisogno — continua Penzo — ma queste operazioni sono troppo difficili a causa della burocrazia e quindi è stato lasciato tutto là a marcire». Considerato poi che qualche anno fa fu lo stesso ministero a insistere per acquistare lo stabile piuttosto che restare in affitto e a spendere quasi 400 mila euro per il restauro è evidente la sorpresa dei ricercatori per la chiusura definitiva. Già, perché l’Indire, quando era ancora Irrsae e poi Irre ha avuto un ruolo centrale nell’aggiornamento degli insegnanti. Nella sede di Mestre, all’inizio degli anni Novanta è cominciato il dibattito sull’identità veneta (storiche le contestazioni degli insegnanti all’allora assessore regionale alla cultura Ermanno Serrajotto) ed è sempre qui che sono stati pubblicati i più importanti libri di storia locale degli ultimi anni, sono state gettate le basi per l’insegnamento della storia del Novecento nelle scuole di tutta Italia e per la didattica sperimentale nei laboratori. Questo, nonostante i governi che si sono succeduti abbiano sempre tagliato qualche pezzetto dell’ente per recuperare risorse. «Inizialmente c’erano un presidente, un segretario e un consiglio di amministrazione per ogni sede regionale, ma costavano troppo e quindi sono stati sostituiti da direttori a scavalco e da tre commissari che, a conti fatti, però percepivano stipendi più alti dei loro predecessori. Per questo la spesa non è diminuita e dal ministero hanno deciso di buttare via tutte le competenze accumulate lasciando aperte solo tre sedi (in affitto, ndr) in tutta Italia: una per il meridione, una a Firenze e una a Milano», conclude Penzo ricordando che una delle poche di proprietà del ministero (e quindi senza costi di mantenimento) era proprio quella di Mestre.
Corriere del Veneto – 15 gennaio 2013