Gli infermieri e gli operatori sociosanitari (Oss) sono così pochi che tocca ai familiari l’assistenza «alberghiera» dei pazienti ricoverati negli ospedali veneti. Il personale è costretto a chiedere loro di aiutare i degenti a mangiare, bere, andare in bagno, sistemare il «pappagallo» piuttosto che i cuscini, cambiarsi se ne hanno bisogno e così via. Lo si scopre alla vigilia dell’entrata in vigore della delibera varata dalla giunta Zaia per definire i parametri di assistenza in corsia, che dal 31 gennaio prevede un preciso numero di operatori al lavoro e per un determinato minutaggio a malato a seconda del reparto.
Lo mette nero su bianco il Nursind, il sindacato degli infermieri, nell’ultimo atto della polemica a distanza innescata con l’assessore alla Sanità, Luca Coletto, proprio sulla scarsità degli organici. «Invece di ridurre le Usl, come accade in altre regioni da cui dovremmo prendere esempio, il Veneto preferisce tagliare gli infermieri e preservare i centri di potere — attacca il segretario Andrea Gregori —. E per risparmiare, ultima beffa, la Regione invita le famiglie a supplire alle inefficienze. Il rischio infatti è che questo deficit di assistenza nei suoi aspetti meno complessi venga colmato con una richiesta di presenza da parte di personale laico, familiari o badanti in ospedale. Ciò comporterebbe un riposizionamento dei costi dalla Regione alle famiglie».
Il Nursind punta il dito soprattutto sulla mancata sostituzione delle maternità, sottolineando che l’80% della categoria è donna, e del 20% dei colleghi non più in grado di stare in reparto per problemi di salute. Per esempio non possono più sollevare pesi, nè fare turni, così vengono dirottati ai centri prelievi e agli ambulatori. Ma il vuoto da loro lasciato ricade sulle spalle dei colleghi, perchè non ci sono nuove assunzioni. «Il risultato è che in ogni Usl manca almeno un 10% di infermieri, anche perchè i 26 mila iscritti ai Collegi in Veneto non sono tutti al lavoro — spiega Gregori — inoltre negli ultimi anni gli ospedali ne hanno persi altri 200 a causa dei tagli. Lo so che la Regione autorizza le assunzioni a singhiozzo, ma manca una programmazione Usl per Usl adeguata alle reali esigenze. Attualmente il personale non riesce a soddisfare tutte le necessità dei malati, deve darsi come priorità il compito sanitario, chiedendo ai familiari di occuparsi dell’assistenza di base. Non vorremmo farlo, ma non riusciamo a starci dietro. Alcuni parenti sono contenti di collaborare, altri non ne hanno il tempo, ma il loro supporto è prezioso ,ci consente di dedicarci alle mansioni specifiche e di dedicare più tempo ai degenti che non hanno nessuno a seguirli». In teoria l’assistenza alberghiera è demandata agli Oss, però altrettanto «rari».
«Volete un esempio? — racconta Luigino Zuin della Uil — In un reparto di Medicina nell’Azienda ospedaliera di Padova c’è un Oss per 38 letti e pure infortunato. Non può sollevare pesi, quindi non è in grado di sollevare un malato. Per non parlare dell’infermiere del Pronto soccorso in malattia da oltre un anno per pericardite e appena rispedito in prima linea. Risultato: è stato ricoverato di nuovo. Siamo alla frutta, alla disperazione, noi ci vergogniamo di dover chiedere aiuto alle famiglie, ma è legittima difesa, per noi è impossibile garantire anche l’assistenza alberghiera. Sono stati eliminati pure i contratti a tempo determinato utili a sostituire malattie lunghe, infortuni e maternità, che dobbiamo fare?».
Il Corriere del Veneto – 8 gennaio 2014