Inizia l’iter in Consiglio regionale per l’approvazione. Il Pd: «Un passo avanti che si sposti l’assistenza dagli ospedali al territorio. Ma servono i “livelli standard” per Utap e altro»
Non faranno le barricate, ora che il nuovo “Piano socio-sanitario regionale” (Prss) è stato varato dalla Giunta regionale e martedì inizierà il suo iter in commissione “Sanità” del Consiglio: lo considerano un passo importante che loro stessi invocavano già da un anno. Ma per i consiglieri del Partito democratico c’è un rischio di base, nel nuovo “piano regolatore” della sanità veneta: che da una parte (ospedali) si tagli, e dall’altra (territorio) si resti fermi alle parole.
«NUMERI CHIARI SULLE STRUTTURE TERRITORIALI». Nel nuovo Prss, spiega il consigliere Stefano Fracasso, c’è «un evidente spostamento dall’ospedale al territorio. È positivo, ma c’è una preoccupazione di base. Da una parte si ridimensiona l’assistenza ospedaliera, con l’obiettivo di ridurre i ricoveri da 160 a 140 per mille abitanti e i posti-letto ospedalieri da, 4,5 al 4 per mille. Dall’altra si punta su un rafforzamento delle strutture sanitarie sul territorio come poliambulatori territoriali, Utap (unità assistenza primaria), distretti, hospice e ospedali di comunità. Ma non c’è scritto nulla di concreto sui numeri cui si vuole tendere. Oggi in Veneto ci sono in tutto 30 Utap, 13 hospice con 156 posti-letto e solo 7 ospedali di comunità con 196 posti-letto: è evidente che sono numeri irrisori. Oltre alle schede ospedaliere, la Giunta dovrà presentare anche quelle per le strutture territoriali».
IL RISCHIO: SOLO TAGLIO DI RISORSE. Fracasso non dimentica i numeri da incubo che il manager della sanità veneta Domenico Mantoan ha riferito in aula consiliare: «L’ultima manovra finanziaria del governo porterà per la sanità del Veneto a un taglio di 500 milioni nel 2014, una cifra notevolissima. Il Piano socio-sanitario per il Veneto mira a inserire i “costi standard” dei livelli di assistenza: bene, ma occorre anche definire le “dotazioni standard” per il numero di medici-personale, per i servizi territoriali come case di riposo o assistenza domiciliare, perché se no tutto rischia di ridursi a un meccanismo di taglio costi. Ma cosa succede se da una parte si riduce l’assistenza ospedaliera e dall’altra il cittadino non trova un’adeguata risposta sul territorio? Questo è il nostro dubbio più grande rispetto alla bozza del nuovo Prss». E anche sulle Ulss c’è un grande punto interrogativo: «Si dice che il modello è che ciascuna serva 2-300 mila abitanti, ma allora cosa succederà per Ulss come Chioggia o Adria che ne hanno molti di meno?».
«I COMUNI SCELGANO IL DIRIGENTE». Altro nodo: il sociale. «È positivo – commenta Fracasso – che il Prss confermi il modello di assistenza integrata sociale e sanitaria con cui il Veneto ha fatto scuola in Italia. Ma serve un cambiamento nella forma di governo di questo: oggi ormai nelle Ulss tutto è guidato dai direttori generali e dalla Regione, e le Conferenze dei sindaci contano sempre meno. Io chiedo che almeno siano loro a dover scegliere la nuova figura del “Dirigente del territorio” prevista dal nuovo Piano».
Il Giornale di Vicenza – 31 luglio 2011