Nella lunga e complicata querelle che ormai da due anni vede contrapposti il consiglio regionale e la Corte dei conti, con i magistrati intenti a passare al setaccio le spese dei gruppi alla caccia di irregolarità e gli eletti a Palazzo Ferro Fini decisi a dimostrare che in Veneto non ci sono «Batman» (come nel Lazio), mutande pazze (come in Piemonte) e giochini sexy (come a Bolzano) pagati con i soldi dei contribuenti, ha visto ieri un nuovo, importante colpo di scena.
La Sezione di Controllo presieduta dal dottor Claudio Iafolla si è infatti riunita mercoledì per verificare le «integrazioni istruttorie» presentate il 2 aprile dal presidente dell’assemblea Valdo Ruffato per conto dei gruppi, dopo che il 12 marzo i giudici contabili avevano chiesto alcuni chiarimenti sui rendiconti dell’anno scorso. Ebbene, i chiarimenti evidentemente non sono bastati, perché al termine dell’adunanza il collegio ha deciso che i gruppi, a vario titolo e per cifre diverse, dovranno restituire la bellezza di 740 mila euro. Nel mezzo c’è di tutto: si contestano i contratti di alcuni collaboratori, svariati incarichi e consulenze, rimborsi per missioni, cene di rappresentanza, perfino l’acquisto di libri e la stampa e la pubblicazione di volantini.
Una premessa è d’obbligo: qui non si tratta delle spese sostenute dai consiglieri nel 2012, già oggetto di una contestazione da parte della Corte dei conti del Veneto (poi sconfessata dalla sezione centrale di Roma) e di un ricorso al Tar da parte del consiglio l’anno scorso, vicenda che vede proprio in questi giorni un’appendice inaspettata con la trasmissione degli atti relativi alle consulenze alla procura della stessa Corte dei conti. In quel caso, infatti, le regole ferree per il contenimento dei costi della politica imposte nell’ottobre del 2012 dal governo Monti non trovavano applicazione, congelate da un comprensibile divieto di retroattività («Come potevamo attenerci a delle indicazioni che ci sono state date quando ormai l’anno era concluso?» hanno sempre protestato i capigruppo). Diverso è il caso della pronuncia di mercoledì: questa riguarda proprio i rendiconti del 2013 che, come ricordano i giudici nel dispositivo, rientrano appieno nel raggio di applicazione del decreto 174 del 2012. E la botta è forse più micidiale: perché le cifre sono di gran lunga maggiori (oltre 700 mila euro contro i 500 mila contestati nel 2012) e perché stavolta il consiglio «non poteva non sapere». I gruppi, a norma di legge, dovranno ora restituire le somme spese irregolarmente (è stato invece eliminato dalla Corte costituzionale il blocco, pure previsto dal decreto Monti, dei finanziamenti per l’anno in corso, peraltro già ridotti di sua sponte dall’assemblea a 542 mila euro). La responsabilità sta in capo agli speaker, che erano tenuti a verificare la correttezza delle spese e delle rendicontazioni.
La cifra più alta è contestata all’allora Pdl, oggi scisso in Forza Italia, Forza Italia per il Veneto e Ncd: 207 mila euro di cui ben 167 mila euro derivanti da contratti di collaborazione (leggasi portaborse, addetti stampa, segretari particolari) per i quali i giudici hanno rilevato anomalie nella natura delle prestazioni, negli esiti dei progetti, nelle professionalità richieste e poi effettivamente riconosciute negli incaricati. Subito dopo tocca alla Lega Nord, che nel 2012 rischiò di dover sborsare un milione di euro per il ritardato invio delle pezze giustificative. Stavolta la richiesta di rimborso si limita, si fa per dire, a 179 mila euro, di cui 74 mila per incarichi e consulenze e 72 mila euro per convegni e attività varie di rappresentanza. Poi c’è il Pd: 152 mila euro di spese irregolari. Anche in questo caso le contestazioni principali riguardano i contratti del personale, per 85 mila euro, ma ci sono anche segnalazioni puntuali per poche centinaia di euro, come 493 euro per «Spese per libri, riviste, pubblicazioni e quotidiani» o i 625 euro per «Spese postali e telegrafiche». Nessuno può chiamarsi fuori: per tutti i gruppi i giudici hanno predisposto allegati dettagliati ed apposite schede di sintesi. Gruppo misto: 58 mila euro. Udc: 45 mila euro. Futuro Popolare: 37 mila euro. Italia dei Valori: 22 mila euro. Bortolussi Presidente: 16 mila euro. Unione Nord Est: 14 mila euro. Federazione della Sinistra: 6 mila euro. E non manca qualche stravaganza, come i 732 euro spesi da Stefano Valdegamberi in sms o i 100 euro del brindisi di Natale dell’Idv. Cosa accadrà ora? Stando alla legge regionale 28 del 2013 l’Ufficio di Presidenza del consiglio dovrà chiedere la restituzione dei soldi ai gruppi, anche predisponendo appositi piani di rientro. L’alternativa? Ricorrere al Tar. Un’altra volta. Senza riporre troppe speranze su un nuovo, salvifico intervento da Roma.
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 12 aprile 2014