Piogge torrenziali, ma non solo. C’è anche il lento lavorio di un crostaceo, il gambero delle Lousiana, a mettere a rischio gli argini della pianura scaligera. E il Consorzio di Bonifica Veronese fa i conti: per mettere al sicuro dalle esondazioni la zona tra l’Adige e il Mincio servono quasi 21,5 milioni di euro. Tanti soldi, per 18 interventi, da realizzare, sulla carta, a partire dal prossimo anno, sui corsi d’acqua della Destra Adige, su cui ha competenza il Consorzio.
Tutti, eccetto uno (che riguarda un tratto del fiume Tartaro, per 900mila euro) da finanziare e inseriti in una lunga lista della spesa che, comprendendo altre opere, tra cui quelle per l’irrigazione, arriva a 127 milioni di euro.
Insomma, è caccia alle risorse per un’emergenza tutt’altro che archiviata, come ha dimostrato la preoccupazione di questi giorni in gran parte della provincia. Per il Consorzio, sono 14 mila gli ettari a rischio nel suo solo territorio, esteso per 162 mila ettari da Torri del Benaco a Legnago. Di questi, quattromila sono a rischio elevato e novemila e seicento a rischio medio. Le zone «osservate speciali» riguardano l’area delle Valli Grandi, interessate dal fiume Menago (parte meridionale Cerea e Legnago), la zona tra Legnago e San Pietro di Morubio e, sempre lungo l’Adige, quella tra Roverchiara e Ronco All’Adige. Preoccupano anche i canali tra Bovolone e Palù, nonché il corso del Tione e del Tartaro nel Villafranchese. Tanto da fare, anche se i soldi per qualche opera strategica sono già stati portata a casa. Tra queste la cassa di espansione del comune di Cavaion (600mila euro di costo) che proteggerà Bardolino dal torrente Bisavola, la cassa di laminazione per Bovolone (500mila euro) e la sistemazione del Menago e del Canossa, (costo 1.350) euro tra Cerea e Roverchiara. Fermarsi potrebbe essere pericoloso anche perché le minacce sono sempre nuove. «Non abbiamo solo a che fare con piogge sempre più intense e persistenti – spiega Antonio Tomezzoli, presidente del Consorzio di Bonifica – ma anche con i danni prodotti da specie aliene, di recente importazione nel nostro territorio». Al noto problema delle nutrie si aggiunge anche quello che ha la forma di un animale apparentemente piccolo e innocuo: il gambero della Lousiana. Si tratta di una presenza ormai nota in gran parte della Pianura Padana. In Veneto si è diffuso massiciamente solo nel Veronese, anche se il suo avvistamento ha fatto parlare di sè in altre zone (per esempio, il lago di Fimon a due passi da Vicenza). «Non avendo predatori naturali – prosegue Tomezzoli – si è riprodotto a dismisura. Il gambero americano scava grandi tane vicino agli argini, mettendoli a rischio». Altrove, in Italia, come in Emilia Romagna, si è cercato di intervenire con il posizionamento di trappole, o con l’introduzione di predatori come le anguille. A Verona, però, deve ancora essere presa una decisione. «Non è l’unico caso – fa sapere Claudio Valente, presidente di Coldiretti Verona – le nutrie da agosto sono state finalmente dichiarate specie infestante. Da allora non sono seguiti però interventi specifici per ridurre il loro numero».
I corsi d’acqua dell’Ovest Veronese, potranno comunque contare su un alleato in più, i volontari della Protezione civile dell’Ana, l’Associazione nazionale alpini. Persone non nuove agli interventi in caso di forti piogge. Da ieri, però, sarà tutto più veloce: un protocollo, siglato tra il Consorzio e l’Ana (ha firmato il presidente provinciale Luciano Bertagnoli) farà sì che, con un semplice via libera dei comuni interessanti, entri in funzione un piano d’emergenza, con una quarantina di alpini «reperibili» su diverse postazioni fisse. «Una collaborazione – fa sapere Roberto Bin, direttore generale del Consorzio – che sarà utile in caso di utilizzo delle idrovore, che richiedono assistenza continua, anche di notte. Così facendo si liberano risorse per il monitoraggio dei canali e della rete idraulica».
Corriere di Verona – 18 novembre 2014