Il robusto taglio dei contributi e il crollo delle scommesse le cause. Da un mese nessuna corsa. Ora c’è il rischio del macello
Un mese senza corse. Ippodromi chiusi. Cavalli da corsa e da trotto inutilizzati e che rischiano di finire al macello. Il movimento ippico italiano e del Veneto (terza regione come numero di scuderie) sta vivendo una profonda crisi figlia del taglio dei premi e dei finanziamenti statali, della lenta e inesorabile scomparsa dei Giochi tradizionali e delle scommesse. A rischio ci sono migliaia di posti di lavoro, come in tanti altri settori e un movimento che da sempre non ha solo mosso denaro ma anche tanti appassionati, allevatori. In Italia e nel Veneto non si corre una gara dall’1 gennaio. E da giorni un picchetto di allevatori stazione nella sede romana dell’Assi, ex Unire (gli enti che gestiscono il patrimonio equino nazionale), per protestare contro la Ragioneria dello Stato che aveva autorizzato lo stanziamento di 140 milioni per l’ippica, cifra che poi il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha ridotto a 39 milioni, dai 140 stanziati lo scorso anno. Ieri un incontro con il ministro per l’Agricoltura Mario Catania non ha risolto granché e il rischio che molti lavoratori si trovino per strada è più che concreto.
«Ho 50 dipendenti e non voglio nemmeno pensare di doverne lasciare a casa uno – commenta Mauro Biasuzzi, titolare di una delle scuderie più importanti del Veneto e in Italia – Tra cavalli da corsa, puledri e da trotto il mio allevamento è composto da 150 cavalli. C’è il forte rischio di doversi trovare un nuovo lavoro se non si sboccherà qualcosa a Roma».
Da 240 a 110 milioni di euro nel 2011: questo il taglio subito dal mondo dell’ippica alla voce contributi dello Stato. In Italia ci vivono almeno 50 mila persone e il Veneto, come detto, dopo Emilia e Toscana, alleva l’80% dei cavalli da corsa e da trotto. Una crisi, quella del movimento ippico, che nasce nel 2008 con il degenerarsi delle scommesse di Toto e Totip soppiantate dai Gratta e vinci, dalle slot machine dei bar e da altri giochi che hanno costretto a chiudere le sale scommesse dell’ippica o trasformarle. L’allora ministro dell’Agricoltura Luca Zaia aveva tentato di salvare il movimento ipotizzando la privatizzazione dell’ex Unire oggi Assi, ma poi il suo successore, Galan, non ha portato avanti il progetto.
«I nostri due ippodromi veneti, Padovanelle e il Sant’Artemio di Treviso, sono chiusi. A Padova si parla di chiusura definitiva se non cambierà qualcosa in questi giorni, ma anche a Treviso la situazione è molto grave – aggiunge lo stesso Biasuzzi – Se pensate che il mese di gennaio solitamente quello in cui si svolgevano più gare a Treviso, non posso immaginare il danno economico che ne deriva da questo stop prolungato».
E infine, a detta di alcuni veterinari che vivono a stretto contatto con il mondo delle corse ippiche, potrebbe affacciarsi anche un altro problema, quello della macellazione dei cavalli. Quelli da corsa (non Dpa) non possono venire macellati per uso alimentare perchè soggetti anche a cure farmaceutiche «Ogni cavallo è dotato di un chip elettronico che certifica il suo stato di Dpa non Dpa (da corsa o no, ndr) – ci spiega un veterinario – In Italia siamo molto attenti ed è quasi impossibile che dei cavalli da corsa finiscano al macello e poi nelle macellerie come alimento. Ma in Slovenia questa legge severissima non è accolta e esiste il rischio che possano esserci dei trasporti clandestini per il macello di cavalli da corsa che potrebbero poi trasformarsi in alimenti decisamente non adatti a finire nella tavole dei consumatori».
Gazzettino – 5 febbraio 2012