La cuccia di Fido al centro di un ricorso costituzionale del Governo che si appella ai giudici della Consulta contro una legge, quella che vieta l’uso della catena per gli animali d’affezione, approvata dal Consiglio regionale del Veneto. In tempi di crisi, disoccupazione galoppante e rischi di default, l’iniziativa ha il tenore di una boutade. Eppure è esattamente ciò che è successo. Un passo indietro. Il testo legislativo licenziato all’unanimità dall’assemblea, su proposta del capogruppo di Forza Italia Leonardo Padrin, risale al 24 giugno scorso. Fa divieto l’utilizzo della catena o di qualunque altro strumento di contenzione per gli animali d’affezione, prevedendo per i possessori la possibilità di realizzare, nell’ambito dei terreni di proprietà e in deroga alla normativa regionale e comunale, recinzioni per consentire libertà di movimento all’animale e garantire, nel contempo, l’incolumità delle persone.
In sede di Consiglio dei ministri, però, il titolare del dicastero dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha sollevato un dubbio di costituzionalità proprio sul versante delle deroghe, ritenendole difformi dalla normativa nazionale in materia di tutela ambientale, di cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, nonché da quella europea relative alla tutela nell’ambito della Rete natura 2000. Da qui l’invio della legge alla Corte perché ne dichiari l’illegittimità. Il Testo del ricorso del Governo
Stupefatto Padrin (proprietario en passant di tre cani e un paio di gatti) che non si capacita dell’opposizione suscitata da un’iniziativa che, oltre all’evidente obiettivo di civiltà, si propone di contrastare il fenomeno del randagismo: «Gli animali, liberati dalla barbarie della catena, da qualche parte devono pur stare. Ci è sembrato naturale consentire ai proprietari di provvedere. Faccio presente che la legge delega la Giunta a definire le indicazioni tecniche riguardanti i requisiti delle strutture e delle recinzioni ma in ogni caso il Consiglio dei ministri avrebbe potuto chiederci chiarimenti o prescriverci delle norme ad hoc prima di scomodare la Corte costituzionale. Con tutti gli ecomostri che si vedono in giro non capisco perché il Governo se la prenda con qualche cuccia per cani».
Tant’è. Deciso a mollare l’osso (pessima battuta, già), il forzista padovano si è rivolto ai social network. Prima con l’hashtag #BASTACATENAAICANI lanciato su Twitter, poi con una pagina Facebook dal titolo «Matteo, non fermare la civiltà»: a Renzi, che in veste di premier ha incaricato l’Avvocatura dello Stato di procedere al ricorso, viene chiesto di intervenire «perché si risolva la questione senza attendere che la Corte Costituzionale si esprima e quanto prima termini la barbarie che mantiene gli animali d’affezione in condizioni contrarie ad ogni cultura di civiltà». Che altro? Se il giudizio spettasse al popolo del web, la questione sarebbe conclusa sul nascere: dopo la promulgazione della legge scaccia-catene, Padrin ha ricevuto un migliaio di mail compiaciute dagli amici dei quattrozampe; mentre la pagina Fb, nel giro di qualche giorno, ha totalizzato quasi 30 mila «mi piace». Previsioni? «Io confido che il buon senso prevarrà sulla rigidità burocratico-amministrativa», conclude il forzista lisciandosi la barba «abbiamo voluto soltanto semplificare il compito dei possessori di animali ed ora siamo pronti a ricercare un punto d’incontro normative. Ma non costringiamo le toghe che tutelano la nostra Carta ad occuparsi di steccati e cucce».
L’ articolo della Legge impugnato
La questione di legittimità riguarda l’articolo 2 , che modifica l’articolo 8 della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 60 “Tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo” ed in particolare il nuovo comma 6ter che così recita “Le strutture e le recinzioni, realizzate secondo le modalità di cui al comma 6 bis, sono sempre consentite, anche in deroga alla normativa regionale e agli strumenti territoriali, ambientali, urbanistici ed edilizi.”.
Le osservazioni del Servizio affari giuridici e legislativi del Consiglio regionale
Il Mattino di Padova – 12 settembre 2014