Il “decreto Balduzzi” e i tagli ai finanziamenti (270 milioni in meno alle Asl venete), imporranno un giro di vite. E mentre i livelli essenziali d’assistenza continueranno ad essere garantiti, le prestazioni non essenziali, ma che hanno sempre qualificato l’offerta sanitaria, sono destinate a soccombere.
A farne le spese sono prestazioni per oltre 125 milioni di euro, bloccate fino a quando non sarà fatta chiarezza sul bilancio.
Assegni di cura, Ceod, ma anche certificati e alcuni ticket non avranno più copertura economica
Nulla sarà più come prima. Il ciclone del “decreto Balduzzi” e i tagli ai finanziamenti (270 milioni in meno alle Asl non sono cosa da poco), imporranno un giro di vite. E mentre i Lea, livelli essenziali d’assistenza, continueranno ad essere erogati, le prestazioni non essenziali (leggasi extra-Lea) che per il Veneto hanno rappresentato fino ad oggi un fiore all’occhiello, sono destinate a soccombere.
Tagliate nel nome di un bilancio che da qualsiasi parte lo si guardi deve comunque quadrare per non portare la Regione al disavanzo.
A farne le spese sono prestazioni per un ammontare di 125 milioni 776mila 243 euro, “ferme” fino a quando il bilancio non sarà in “sicurezza”, quindi ben oltre il mese di marzo.
Questo non significa che tutto non verrà più pagato, ma che ci saranno dei distinguo e che i soldi arriveranno ben dopo l’erogazione della prestazione.
Del resto la Regione Veneto ha deciso di non introdurre l’Irpef per non gravare ulteriormente sulle tasche dei cittadini e Roma, dal canto suo ha imposto di non pagare gli extra Lea con i soldi dei Lea. Insomma un gatto che si morde la coda.
Cosa quindi non sarà più erogato (o meglio i fondi verranno bloccati)? L’elenco è lungo: 35 prestazioni (con una lunga serie di sottoprestazioni) che abbracciano sanitario e sociale: le prestazioni specialistiche ambulatoriali di nicchia per le malattie rare (che nel 2011 pesarono per 3 milioni e 200mila euro), oltre 56 milioni, la cifra più consistente, per gli assegni di cura (badanti e case di riposo) ed altri interventi finalizzati al sostegno della famiglia, della persona non autosufficiente.
Il capitolo di spesa che sta non poco preoccupando il consigliere Claudio Sinigaglia (V. commissione sanità) che denuncia che “se salta il finanziamento dei 56milioni per l’assegno di cura ci saranno più inserimenti nelle case di riposo. Invece di 200/500 euro al mese per gli assegni di cura la Regione stanzierà 1500 euro al mese per la casa di riposo e in più la famiglia spenderà 1600/1700 euro al mese. Insostenibile”.
Altro capitolo di spesa pesante riguarda le iniziative di tele-soccorso e teleassistenza (oltre 7 milioni), 8 milioni e 200mila euro per le attività socio-sanitarie a favore di persone con problemi psichiatrici, e 17 milioni a sostegno dei disabili.
Altri 8 milioni per le prestazioni riabilitative nei centri diurni. O ancora i certificati per l’idoneità fisica (5,8 milioni) e il parto indolore (gratis fino a quando ci sarà copertura finanziaria)
Il problema più grosso è comunque legato agli assegni di cura, che è sociale, ma che sono caricati da due anni sul sanitario.
Ai direttori generali è stato chiesto in questi giorni di verificare paziente per paziente condizioni, reddito, sostegni e di erogare la cifra “ex post” solo a chi ne ha diritto, quindi dopo le opportune verifiche (economiche, sanitarie e sociali). Non a tutti verranno quindi preclusi i finanziamenti, ma ci saranno delle ferree disamine. Così come la Regione sta verificando gli ingressi ai Ceod (Centri per la disabilità): anche in questo caso alcune prestazioni continueranno comunque ad essere erogate, altre no. E anche in questo caso si cominceranno a valutare i redditi. Discorso a parte meritano quelle prestazioni che sono più spostate verso il sanitario (leggasi parto indolore ad esempio). La Regione pagherà fino a quando ci saranno fondi, poi stop per tutti. Per i direttori generali altro scoglio da superare.
Daniela Boresi – Il Gazzettino – 8 gennaio 2013