Manager con la valigia. Come Claudio Dario, in viaggio da Padova a Trento, last but not least di una lunga serie di dirigenti cresciuti nella sanità del Veneto e migrati verso lidi ritenuti più redditizi o accoglienti. «La mobilità ai vertici aziendali è un fatto acclarato e positivo, anzi, per noi è motivo di soddisfazione e di orgoglio perché conferma la bontà della squadra che ha contribuito al successo del modello veneto», commenta il governatore Luca Zaia. E tuttavia l’esodo è significativo e coinvolge figure di primo piano, attratte in particolare dal vicino Friuli.
Una diaspora inaugurata nel 2013 da Giovanni Pilati, l’ex direttore amministrativo dell’Ulss di Rovigo diventato direttore generale dell’Azienda Bassa Friulana-Isontina di Gorizia; rafforzata da Adriano Marcolongo che ha lasciato Padova per assumere il timone della sanità regionale, declinando – è notizia di questi giorni – l’invito del governatore leghista a tornare all’ovile veneto. E poi Pierpaolo Benetollo, già direttore sanitario a Verona, ora a capo dell’Azienda Alto-Friuli collinare di Tolmezzo e Gemona; Aldo Mariotto, che ha salutato Adria per entrare a a far parte dello staff di Marcolongo; Antonio Poggiana che Pilati ha voluto al suo fianco, “prelevandolo” da Rovigo; fino a Pierluigi Scannapieco, il direttore sanitario uscente dell’Azienda ospedaliera padovana ora al vertice dell’Istituto di ricerca e cura scientifica «Burlo Garofalo» di Trieste dove è stato raggiunto da Renata De Candido, a sua volta proveniente dalla città del Santo.
Per tacere di Matilde Carlucci: dirigente apprezzata all’Ulss di Bassano, è stata nominata direttore sanitario del Centro tumori di Aviano. E c’è chi ha compiuto un salto spettacolare: da Angelo Lino Del Favero, diventato il numero uno dell’Istituto superiore di sanità; a Valerio Alberti, commissario straordinario degli ospedali romani Regina Elena, San Gallicano e Spallanzani. Certo, non mancano i casi di percorso a ritroso: Luciano Flor, dopo aver diretto l’ospedale Santa Chiara di Trento, sovrintendendo al servizio cura e riabilitazione della Provincia autonoma, ha fatto ritorno all’Azienda di Padova; e Francesco Cobello, “esiliato” dal Veneto in età galaniana e nominato direttore degli Ospedali riuniti di Trieste, è stato chiamato da Zaia al vertice della sanità veronese.
Mobilità “fisiologica”, favorita magari dalle retribuzioni più elevate offerte dalle regioni a statuto speciale – il Veneto riconosce ai dg un’indennità annua che si aggira sui 153 mila euro lordi, il Trentino paga il doppio, il Friuli-Venezia Giulia poco meno – o segnale di un disagio diffuso nel management? «L’aspetto economico ha il suo peso ma c’è anche un clima di insoddisfazione legato alla politica di spending review imposta dalla Regione che ci costringe a tagli di spesa continui e limita molto la nostra autonomia, riconosciuta invece m altre realtà regionali», è la diagnosi di un dirigente di lungo corso che invoca l’anonimato e lamenta il “caratteraccio” di Domenico Mantoan, il top player di Zaia destinatario a sua volta di offerte professionali importanti, puntualmente respinte. A proposito di top: nella corsa alla successione di Dario, il favorito sembra Giuseppe Dal Ben, un “mastino cordiale” capace di abbattere il debito di Venezia e di Chioggia in un dialogo costruttivo con gli enti locali; se sarà trasferito all’Ulss Padova, cederà l’incarico ad uno tra i dg esclusi dalle nomine di dicembre non per inadeguatezza (il loro lavoro è stato apprezzato) ma per la riduzione da 21 a 9 delle poltrone disponibili: la rosa dei più accreditati comprenderebbe Pietro Paolo Faronato, Daniela Carraro e Gino Gumirato. Si vedrà.
Il Mattino di Padova – 27 maggio 2016