La magistratura di Torino: non sono obbligati a fornire rendiconti periodici. In Veneto gli atti all’esame della Procura. I consiglieri regionali godono di un’immunità che non si limita alle opinioni espresse in aula, ma si estende anche alle spese sostenute nell’ambito del proprio mandato politico e rimborsate dall’ente pubblico
E’ il clamoroso principio appena affermato dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Piemonte, nel respingere la richiesta della Procura contabile torinese di attribuire ai capigruppo in Consiglio la qualifica di agente di conto.
Il provvedimento, che ha natura di ordinanza, definisce in primo grado un procedimento speciale di competenza della magistratura contabile giudicante: per agente di conto si considera colui che ha responsabilità di gestione di pubblici denari e che in quanto tale è obbligato a fornire periodici rendiconti ai magistrati.
La Corte piemontese, il cui verdetto viene ora impugnato dalla Procura in appello, sostiene che sulle spese dei Gruppi, considerati alla stregua di associazioni private, non è praticabile alcun intervento di sindacato. Un orientamento diametralmente opposto a quello pronunciato in questi mesi su analogo procedimento dalla Sezione giurisdizionale della Corte del Lazio, che ha invece riconosciuto la qualifica di agenti contabili ai capigruppo.
Di fatto, tale sostenuta insindacabilità per gli anni passati viene ora in ogni caso superata dalle previsioni del decreto-legge 174 varato nel 2012 dal Governo Monti e divenuto legge ordinaria 213 del medesimo anno: i Consigli delle Regioni a statuto ordinario devono annualmente consegnare i rendiconti dei Gruppi alle Sezioni di controllo della Corte dei conti, che possono formalizzare rilievi ai quali i Gruppi sono obbligati ad aderire, pena la revoca dei finanziamenti se non addirittura segnalazioni alla Procura contabile (per ipotesi di danno erariale) e alla Procura della Repubblica (per fattispecie di ordine penale). E la scorsa settimana la Sezione centrale delle Autonomie della Corte ha chiarito che tali verifiche debbano esordire in tutta Italia dai conti 2013, sull’altare di un criterio di uniformità normativa.
Mentre in Friuli Venezia Giulia stanno per approdare al giudizio contabile i primi procedimenti per danno erariale (verso la fine dell’anno sono attese le sentenze sulle contestazioni mosse agli ex capigruppo della Lega Nord, Danilo Narduzzi, del Pdl, Daniele Galasso e del Pd, Gianfranco Moretton), assumerà particolare importanza nei prossimi mesi la valutazione in secondo grado dell’ordinanza di Torino: qualora dovesse essere confermato il principio di insindacabilità, tale valutazione non potrebbe non orientare i procedimenti in corso.
In Veneto, invece, i capigruppo sono tutti soddisfatti dopo che a Roma è stato stabilito che le sanzioni vanno applicate solo a partire dal 2013: così i gruppi non dovranno restituire gli oltre 500mila euro di spese effettuate nel 2012 e contestate (ma la Lega avrebbe dovuto restituire un milione per aver presentato le carte in ritardo). Non è detto, però, che la Procura della Corte dei conti, a cui la sezione di controllo ha trasmesso gli atti, non intervenga nel caso ravvisi profili di danno erariale.
Ad accrescere lo sconcerto e l’oggettiva confusione interviene anche un proliferare di conflitti: dopo che il Tar di Palermo aveva sospeso l’efficacia di delibere di dissesto in capo ad enti locali adottate dalla Sezione di controllo della Corte dei conti siciliana, ora è stata appena impugnata al Tar di Ancona una risoluzione del Controllo contabile sulla Regione Marche, assumendo la tesi che i provvedimenti della magistratura contabile in sede di controllo non rivestono natura giurisdizionale, ma meramente amministrativa.
Gazzettino – 11 luglio 2013