La sezione centrale della stessa Corte le aveva già «neutralizzate» con una pronuncia chiara, in cui si diceva che i controlli veri e propri, quelli con le sanzioni, sarebbero potuti cominciare solo dal 2013. Ora quelle delibere, in particolare quella definitiva del giugno 2013, con cui la sezione di controllo della Corte dei Conti del Veneto aveva «condannato» i gruppi del consiglio regionale a restituire due milioni, non esistono più.
A cancellarle è stata la Corte Costituzionale, che dopo l’udienza del 15 aprile scorso, ieri ha pubblicato la sentenza con cui accoglie il ricorso della Regione Veneto (oltre che di Emilia-Romagna e Piemonte, che avevano sollevato la questione alla Consulta sugli stessi argomenti), dicendo che la Corte non era titolata a emetterle. E in cui, soprattutto, conferma quell’orientamento già espresso con la sentenza 39 di un paio di mesi fa, quando accogliendo un ricorso analogo di altre Regioni, aveva scolpito parole chiarissime, tanto da essere riportate tra virgolette: «Il rendiconto delle spese dei gruppi consiliari costituisce parte necessaria del rendiconto regionale, nella misura in cui le somme da tali gruppi acquisite e quelle restituite devono essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale», è la premessa. Ma poi ecco la «censura» all’operato della Corte: «Il sindacato della Corte dei conti (…) deve ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale».
In poche parole, fuori dal linguaggio giuridico, l’importante è che, se dico di aver speso X, possa avere anche i giustificativi che lo dimostrino. Se poi in quella cifra X ci siano il convegno Y, la cena W o la consulenza Z, alla sezione di controllo non dovrebbe interessare, perché semmai sarà qualche altro soggetto a indagare se la spesa sia o meno lecita, com’è avvenuto in altre Regioni: o le procure della Repubblica, che hanno indagato centinaia di consiglieri regionali per peculato, oppure quelle della Corte dei Conti, che ne hanno chiamati altrettante centinaia a rispondere di danno erariale. Indagini di questo tipo, peraltro, sono state avviate anche in Veneto: il procuratore aggiunto Carlo Nordio ha un paio di fascicoli conoscitivi partiti dagli esposti di Santino Bozza contro la Lega, mentre la procura della Corte dei Conti è in fase avanzata sull’analisi dei conti del 2012 e sta avviando quelli del 2013.
Un intrico di indagini e provvedimenti che porta i consiglieri a esultare, ma con riserva. Perché il principio enunciato dalla Consulta cozza chiaramente contro l’altra delibera della sezione di controllo, quella che un mese fa era tornata a chiedere ai gruppi di restituire 740 mila euro di spese ritenute illegittime del 2013. «E’ una soddisfazione, ma arriva in ritardo e questo mi dispiace, perché nel 2013 siamo nella stessa situazione – commenta il presidente del consiglio regionale Clodovaldo Ruffato – Speriamo che si riesca ad abbattere questo muro e che i giudici capiscano che i nostri gruppi non hanno sostenuto spese personali ma solo l’attività politica. Ora ci toccherà fare ricorso anche su quelle delibere e saranno altre spese, quelle sì inutili». «Spero che si possa ritornare a un clima di serenità dei rapporti tra poteri, con dei paletti certi – è l’auspicio di Lucio Tiozzo, capogruppo del Pd – Noi ribadiamo che il nostro gruppo ha sempre fatto le cose correttamente: questa sentenza forse ci permetterà di guardare con più positività al lavoro da qui a fine legislatura, visto che i gruppi si erano fermati». Ottimista anche Dario Bond, capogruppo Pdl: «Io ho sempre avuto fiducia nella magistratura, ora dobbiamo lavorare assieme e abbassare i toni».
Alberto Zorzi – Corriere del Veneto – 16 maggio 2014