Di certo, per ora, ci sono due date: il 10 settembre per Nido e scuole materne, privati inclusi, e il 31 ottobre per le medie, le superiori e i Centri professionali. Termini massimi entro i quali gli alunni veneti da zero a 16 anni dovranno presentare il certificato vaccinale in regola. Cioè comprensivo, a seconda dell’anno di nascita, delle vaccinazioni obbligatorie previste dal decreto Lorenzin appena divenuto legge: parliamo di antipoliomielitica, antidifterica, antitetanica, anti-epatite B, antipertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella. Pena la non iscrizione a Nido e materna per i più piccoli e la multa, da 100 a 500 euro, ai genitori di allievi non in regola che frequentano medie e superiori. Le scuole devono ancora iniziare a raccogliere la documentazione — le circolari applicative risalgono al 14 agosto scorso — eppure sono già nel caos.
«E’ una mole enorme di adempimenti, per di più caricata sulle spalle di segreterie ridotte all’osso dalla cancellazione di 50mila posti in Italia negli ultimi anni e nemmeno supportate con adeguate immissioni in ruolo — denuncia Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, il sindacato che rappresenta il personale scolastico — si conta un solo amministrativo neoassunto ogni otto istituti. In questo momento si stanno seguendo gli esami di riparazione e organizzando il programma dell’anno scolastico 2017/2018: mi spiegate chi ha il tempo di telefonare a migliaia di famiglie per ricordare l’obbligo in questione, raccogliere i certificati, controllare se siano a posto e in caso contrario avvertire le Usl di riferimento?». In effetti a settembre nelle scuole della nostra regione entreranno in servizio 15.639 tra assistenti tecnici, amministrativi e ausiliari, 262 in più rispetto all’organico sulla carta, però inferiore a quello del 2016, forte di 15.656 unità. In Veneto, rispetto al fabbisogno, mancano 2504 fra docenti, bidelli, segretari e presidi: ci sarebbe necessità di 122 dirigenti amministrativi, 450 fra assistenti amministrativi, assistenti tecnici e collaboratori scolastici, 1.500 insegnanti di sostegno, 172 direttori dei servizi generali e amministrativi e 260 presidi. «In queste condizioni e con tempistiche tanto ristrette non si può imporre un’ennesima incombenza — insiste Pacifico — e poi gli operatori non sono formati. Non hanno competenze idonee a valutare documentazione scientifica. Non spetta all’Istruzione ma alla Sanità occuparsene. Senza contare le lamentele già rappresentate ai presidi dai genitori, che rivendicano propria la scelta di vaccinare o meno i figli. E temono che l’immunizzazione generalizzata, senza esami preventivi, possa scatenare gravi effetti collaterali in bambini sani».
L’Anief chiede al governo di rinviare di almeno un anno l’applicazione della legge e intanto con i propri legali sta verificando se vi siano i presupposti per bloccarne gli effetti pratici, anche impugnandola. «La scuola non può continuare a fungere da imbuto nel quale infilare i problemi sociali — chiude il presidente —. Va chiarito quale dei due diritti debba prevalere: all’istruzione o alla salute?». Il sindacato contesta pure il passaggio della circolare emanata dal ministero della Salute che impone agli operatori scolastici, come a quelli sanitari, di presentare alle strutture nelle quali lavorano «una dichiarazione comprovante la propria situazione vaccinale». «Ma chi vuole che se la ricordi?», l’obiezione mossa.
«Se siamo arrivati a questa legge è stato per necessità, non per scelta — puntualizza il dottor Giampietro Chiamenti, veronese e segretario nazionale della Fimp, sigla dei pediatri — e va applicata nell’interesse pubblico. Il personale scolastico si sente smarrito davanti alle incombenze assegnate? Non vedo perchè, non spetta a docenti, amministrativi o segretarie interpretare il valore scientifico di un certificato vaccinale. Si devono limitare a leggerlo, a controllare che ci sia l’elenco previsto e in caso contrario a segnalarlo all’autorità sanitaria. Non capisco dove siano tutte queste difficoltà, tra l’altro le circolari spiegano bene come muoversi. Se invece è un rifiuto preconcetto — avverte Chiamenti — non può trovare spazio. Vista l’ondata degli antivaccinisti (che hanno comprato intere pagine su alcuni quotidiani per diffondere la loro controinformazione, ndr ), il ritorno all’obbligo era inevitabile».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 23 agosto 2017