Corriere del Veneto. Le scuole superiori in Veneto resteranno chiuse fino a domenica 31 gennaio. O meglio, riapriranno ma, dalla prima alla quinta, esclusivamente con la didattica a distanza (la «Dad») perché «la situazione epidemiologica ci preoccupa molto – ha spiegato ieri il presidente della Regione Luca Zaia -. Guardiamo con attenzione a ciò che accade in Europa, visto che la nostra curva rispetto al resto del continente è in ritardo di un paio di settimane: Germania, Francia, Gran Bretagna, nonostante le restrizioni stanno registrando un aumento importante dei contagi. Rischiamo la terza ondata, in questa fase riportare i ragazzi sui banchi è un rischio che non possiamo permetterci».
La decisione presa da Zaia con un’ordinanza che coinvolge 117 mila studenti e 18 mila tra insegnanti e amministrativi era attesa, visto che il Veneto non aveva mai nascosto nelle ultime settimane le sue perplessità sull’ipotesi di riapertura portata avanti con forza dal ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina («Non deve dimettersi – ha chiosato Zaia – fa solo il suo mestiere…»), ma che pure si inserisce in un contesto caotico a livello nazionale con le Regioni in ordine sparso sul tema. Come il Veneto, anche il Friuli Venezia Giulia ha deciso di riprendere le lezioni da dopodomani con la Dad, mentre la Toscana conferma la riapertura «in presenza», la Campania idem ma dal 25 gennaio mentre le altre Regioni non si sbilanciano, preferendo aspettare le decisioni del governo sulle fasce.
Proprio la sovrapposizione tra quest‘ultimo verdetto e la ripresa delle lezioni è stata per Zaia uno degli elementi dirimenti: «Potremmo ritrovarci a riaprire le scuole il giovedì per poi richiuderle da lunedì a seguito di nuove restrizioni da parte del governo». Per questo il presidente ha deciso di anticipare i tempi e «tagliare la testa al toro», con un’ordinanza che indica la via prima dell’Epifania e fino a fine mese. Si legge nell’ordinanza: «Gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, statali e paritari, e le scuole di formazione professionale adottano la didattica digitale integrata per il 100% della popolazione studentesca». Saranno le singole scuole, in autonomia, a stabilire le concrete modalità di attuazione della Dad. «Gli istituti – prosegue l’ordinanza – garantiscono la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o per mantenere una relazione educativa con gli alunni con disabilità».
Al provvedimento è accompagnata anche una versione riveduta e corretta del protocollo per la gestione dei casi positivi dall’asilo alle medie, dall’uso dei tamponi rapidi all’eventuale rifiuto a sottoporsi al test, dalla ricostruzione dei «contatti stretti» ai tempi della quarantena.
Nel presentare l’ordinanza Zaia ha anticipato l’obiezione secondo cui il rinvio sarebbe da imputare al mancato potenziamento del servizio di trasporto pubblico: «Non è così, come sanno bene la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale Carmela Palumbo e il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto, con cui abbiamo collaborato in questi ultimi giorni. Il piano dei trasporti è pronto, gli accordi con i privati erano già stati stretti e vi faremo ricorso a febbraio, quando riporteremo i ragazzi sui banchi».
La polemica, però, infuria ugualmente. Le famiglie per tutto il giorno hanno fatto sentire la loro voce in Rete, tra chi lamenta la debacle educativa a danno delle future generazioni e chi si domanda perché gli studenti delle superiori debbano restare a casa mentre quelli di medie ed elementari no («Perché questi ultimi non sono grandi diffusori – ha spiegato il direttore della Sanità Luciano Flor -. In caso di contagio, alle superiore nel 25% dei casi troviamo subito un secondo caso; la percentuale scende al 13% all’asilo e 16% alle elementari. Il rischio di focolai non è paragonabile»). Ed anche da Roma arrivano critiche: «Chi sposta in avanti l’apertura delle scuole allora deve spostare anche la riapertura delle altre attività – commenta il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia -. Se si sposta l’apertura delle scuole a fine gennaio e si mantiene l’apertura dello sci il 18 gennaio c’è qualcosa che non va».
Il punto è che, come ha ammesso Zaia, «qui c’è qualche elemento che non torna, perché abbiamo rispettato tutte le restrizioni, viviamo da due settimane in zona rossa o arancione, ma i risultati non si vedono. Il quadro non torna a noi, e non torna nel mondo scientifico: dopo 15 giorni di restrizioni, a vedere il bicchiere mezzo pieno le curve non crescono, ma a vederlo mezzo vuoto manco calano». Ieri si sono registrati 2.386 nuovi contagi, con altri 112 morti. Si riducono leggermente i ricoveri: -14 quelli in area non critica (ora a quota 3.038); -5 le terapie intensive (ora il totale è 396). «Ho chiesto al governo che siano l’Istituto superiore di sanità e il Comitato tecnico scientifico nazionale ad indicarci la strada da seguire: all’attribuzione della fascia, qualunque essa sia, devono corrispondere misure chiare e trasparenti da adottare. Noi siamo collaborativi non contesteremo la classificazione ma basta con le polemiche del giorno dopo del tipo “si doveva fare così o colà”. Non è una rinuncia all’autonomia, contro la pandemia politica regionale e nazionale devono essere allineate sennò non se ne esce».