Alimentaristi in sospeso tra una legge regionale ispirata a una semplificazione spinta e una, nazionale, il cui decreto attuativo, all’orizzonte, prolunga durata e intensità dei corsi per gli addetti. Tutto ruota intorno all’attestato di formazione sanitaria, necessario agli operatori del settore alimentare, da chi gestisce o lavora in attività commerciali (bar, pizzerie, ristoranti, trattorie, negozi di alimentari) a chi invece è occupato in aziende artigianali. La questione riguarda migliaia di piccole imprese. L’attestato fino a pochi mesi fa si conseguiva per lo più frequentando corsi tenuti da enti accreditati della durata di tre ore, da ripetersi ogni tre anni. Il 19 marzo però il Consiglio regionale veneto, per semplificare, ha modificato il quadro, con l’articolo 5 della legge 2/2013.
Risultato: la formazione-informazione, ancora obbligatoria, viene impartita dal datore di lavoro o dal responsabile in manipolazione alimentare, che ne stabilisce tempistica, modalità e contenuti. La modifica non piace al comitato regionale della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) che prende carta e penna e scrive subito al presidente della Regione, Luca Zaia e agli assessori alla Sanità, Luca Coletto e alla Formazione, Elena Donazzan. «Qualche imprenditore», evidenzia il segretario veneto, Angelo Luni, «penserà di aver ricevuto un regalo, con la semplificazione degli adempimenti. Ma solo l’1% dei datori di lavoro delle piccole imprese alimentari risulta in grado di fare formazione ai propri collaboratori, per mancanza di preparazione scientifica, difficoltà organizzative e di leadership».
SANZIONI. Intanto le sanzioni per chi non ottempera (mancano, tra l’altro, anche indicazioni ministeriali su come attestare l’avvenuta formazione) sono decuplicate. «Si passa da un centinaio di euro agli attuali 2mila», fanno sapere da Confcommercio Verona. «Occorre precisare che risultano privi di copertura formativa i nuovi addetti e gli assunti per i quali è stata svolta la formazione solo attraverso la consegna del “decalogo” (dieci regole basilari di comportamento igienico, ndr) ora abolito». Inoltre «sussistono dubbi sulla copertura ottenuta frequentando la scuola alberghiera e il corso abilitante alla somministrazione di alimenti e bevande (ex Rec), prevista da un decreto della Giunta veneta ora decaduto». «Per non sbagliare resta la possibilità di appoggiarsi ai corsi delle organizzazioni accreditate», suggerisce Daniele Rebecchi, a capo di Fipe Verona. Soluzione su cui grava l’ipotesi di ulteriori modifiche. Al ministero della Salute si lavora a un decreto attuativo della legge n. 189/2012, che porterebbe a otto le ore di formazione per i neo assunti, a quattro le ore per chi è già stato formato in passato. «Il provvedimento aumenterebbe il carico burocratico per le imprese in contrasto, tra l’altro, con il regolamento Ue n.1169/2011 sull’autocontrollo aziendale», dice Franco Dalla Valentina a capo di Confartigianato alimentazione Verona.
L’Arena – 5 giugno 2013