Il Sistema sanitario nazionale compie 40 anni ma è definanziato, in perenne sottorganico e sempre più minacciato dal rischio privatizzazione, secondo i medici ospedalieri, che infatti venerdì tornano in piazza. Uno sciopero di 24 ore per «la difesa della sanità pubblica; la stabilizzazione dei 3mila precari; la tutela della professione e il rinnovo del contratto che manca da 10 anni; carichi di lavoro più umani, necessari a garantire la sicurezza del paziente e dei medici stessi; e per impedire che i tagli e la carenza di personale mettano a rischio il sistema e comportino la chiusura di ospedali, reparti e servizi».
Ieri i sindacati Aaroi (anestesisti), con il segretario nazionale Alessandro Vergallo, Anaao Assomed e Cimo (ospedalieri) con i rispettivi segretari regionali Adriano Benazzato e Giovanni Leoni (che è anche presidente dell’Ordine dei Medici di Venezia e vice della Federazione degli Ordini, la Fnomceo) e il presidente dell’Ordine di Vicenza, Michele Valente, hanno tenuto un’assemblea all’ospedale San Bortolo di Vicenza, per mettere a punto la strategia nella giornata del 23 novembre. Che sarà animata da assemblee e sit-in negli ospedali. «Purtroppo ci saranno disagi per i pazienti — annuncia Benazzato — stando alla massiccia affluenza dei colleghi alle assemblee di presentazione dello sciopero, ci aspettiamo un’alta adesione. Garantite le urgenze, salteranno molti interventi chirurgici programmati perchè tante sale operatorie resteranno chiuse e sul fronte visite, esami radiologici e del sangue, i Cup stanno richiamando gli utenti che li hanno prenotati per venerdì, cercando di spostarli nei giorni successivi. Dispiace, ma il malessere della categoria non è più contenibile».
La situazione del Veneto parla chiaro con i numeri: mancano 1295 medici, cifra che con i pensionamenti salirà a 3mila fra il 2019 e il 2023; dal 2000 a oggi la Regione ha tagliato 5550 posti letto; gli 8550 ospedalieri in servizio hanno accumulato 1 milione di ore di straordinario non pagate all’anno. Per di più la nostra è la quinta regione per il peggior rapporto dottori-abitanti: 1 ogni 586. «Il messaggio più importante da trasmettere alla gente è che protestiamo perchè abbiamo seri problemi a svolgere il nostro lavoro, ogni giorno — avverte Leoni —. Scioperiamo per i diritti negati: al riposo dopo una notte in reperibilità; alla sostituzione per una gravidanza; ad una nuova assunzione dopo un pensionamento. E poi per il sistematico taglio dei letti per acuti senza adeguate soluzioni alternative, per l’imposizione di giorni di degenza programmati per gli acuti senza sapere dove sistemare i cronici, per l’intasamento dei Pronto Soccorso a causa della riduzione dell’offerta negli ambulatori. Nel Veneto, terra dei miracoli, è stata proposta in alcuni casi la bilocazione di un camice bianco reperibile in sedi distanti decine di chilometri: in caso di chiamata simultanea cosa succede? Mistero».
Leoni era nella delegazione della Fnomceo che venerdì è stata ricevuta dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Ci ha ringraziati per il lavoro al servizio dei cittadini — riferisce il segretario della Cimo — ha detto che siamo i garanti della scienza e dell’equità delle cure anche nelle zone più disagiate del Paese».
Il Corriere del Veneto