Poche cose indispongono un vegetariano convinto quanto scoprire di aver mangiato un cibo di derivazione animale senza saperlo. Il che succede spesso. L’industria alimentare è un sistema complesso in cui non si butta via niente. Infatti gli animali destinati alla macellazione forniscono anche materia prima per altri usi: dalla pelletteria al settore tessile (le piume di cappotti e copriletti non cadono dagli alberi) al farmaceutico.
Per la maggioranza dei vegetariani è sufficiente astenersi dall’acquistare carne e pesce, e di certo è una posizione rispettabile, ma chi vorrebbe una dieta davvero cruelty free – libera quindi da qualunque prodotto che abbia causato l’uccisione di un animale – come fa?
Il problema si pone già di prima mattina, di fronte alla colazione. Nei croissant e nel pane appena sfornato è facile che ci sia dello strutto, un grasso di origine animale, ottenuto dalla fusione dei tessuti adiposi del maiale. È noto da sempre e presente in moltissime (ottime) ricette della tradizione, ma anche la moderna industria alimentare lo apprezza e sfrutta le sue qualità per rendere morbidi e gustosi molti alimenti: pane e pizze, dolci e piatti pronti. Contiene anche molti grassi saturi, e di certo non lo consigliano i cardiologi. Ma qui il problema non è tanto il suo rapporto con colesterolo o trigliceridi. Siamo sinceri: se nella michetta c’è lo strutto tanto vale metterci anche una fetta di salame. Bisogna però aggiungere che nella panificazione, anche in quella industriale, questa componente viene oggi usato meno. Nei supermercati basta dare un’occhiata per capire se la varietà di pane offerto – integrale, alle noci, di grano duro – è stato impastato con lo strutto. Legge vuole che il cliente sia informato di ciò che compra, e infatti il libro degli ingredienti è a disposizione anche nei negozi della grande distribuzione. Troppo complicato? L’alternativa in questo caso è solo una, e può essere anche divertente: rimboccarsi le maniche e impastare la pagnotta in casa.
Ma come si fa per tutti gli altri prodotti da forno, dai crackers ai grissini, dai biscotti alla pasticceria? Se sono confezionati bisogna leggere attentamente l’etichetta, nei laboratori artigianali invece non resta che chiedere ai commessi.
Ai “veg” timidi viene in aiuto il passaparola online delle tante associazioni di vegetariani che segnalano, città per città, i pasticceri “no-strutto”.
Monica Virgili – Il Corriere della Sera – 20 novembre 2016