Fabio Di Todaro. Non spariranno mai, perché le mode cosi diffuse tendono a stabilizzarsi, piuttosto che a scomparire. Ma chissà che nel panorama del politeismo alimentare un giorno i vegani non vengano scavalcati dai bevitori di acqua piovana. O, tutt’al più, si affianchino a loro. Di certo c’è che, per la prima volta nell’ultimo lustro, la loro rappresentanza è calata in maniera sensibile.
Secondo l’Eurispes coloro che consumano soltanto alimenti di origine vegetale e hanno scelto di rinunciare pure ai derivati animali – miele, latte, formaggi, burro, pasta all’uovo, prodotti preparati con lo strutto – rappresentano meno di un italiano su cento: un terzo rispetto alla quota registrata nel 2016. In leggero aumento è invece la quota di vegetariani: di poco superiore al sei per cento. Nella loro dieta trovano spazio i derivati animali e in alcuni casi pure il pesce: scelte che assicurano maggiore agio al consumatore, soprattutto lontano da casa.
L’indagine Eurispes
Numeri alla mano, il totale dei maggiorenni che lungo la Penisola rinunciano alla carne, al pesce e/o ai loro derivati (cioè vegetariani e vegani) è compreso tra quattro e cinque milioni. Il rilievo di Eurispes fa però segnare un repentino cambio delle abitudini visto che nello stesso rapporto dello scorso anno l’impatto dei vegani sulla popolazione era addirittura triplicato: dall’uno al tre per cento.
Come provare a leggere queste statistiche? Non trascurando innanzitutto l’estrema provvisorietà di queste scelte, che nel caso specifico possono aver portato migliaia di vegani a trovare un equilibrio più stabile nella scelta vegetariana. A ciò occorre aggiungere le difficoltà che nel nostro Paese i vegani incontrano ancora nel vedere rispettata la propria scelta quando mangiano lontano da casa. Il disagio non si registra tanto nelle cene tra amici, nei bar o nei ristoranti. Quanto per gli spuntini che si ricercano durante un viaggio – in aeroporti, stazioni, navi e autogrill – o in occasione di eventi e banchetti. Ostacoli che non sembrano essere diminuiti rispetto agli anni precedenti, nonostante la promozione che accompagna da tempo la scelta «veg» soprattutto nelle grandi città.
A ciò occorre aggiungere le considerazioni espresse nel corso delle interviste da quasi un italiano su tre, secondo cui la dieta vegana è «estrema e radicale». Mentre poco meno di un italiano su cinque ritiene questo stile di vita sovente accompagnato da «fanatismo e intolleranza». Dati che, messi assieme, evidenziano come il nostro Paese sia spaccato in due di fronte a questa scelta: tra chi le riconosce un’accezione positiva (50,6 per cento) e quanti rimarcano invece gli aspetti negativi (49,4 per cento).
I motivi della scelta
Le ragioni che conducono gli italiani a escludere dalla tavola le pietanze di origine animale sono sempre le medesime: di natura etica o salutistica. Sono evidentemente più sentite quelle dei praticanti delle varianti più estreme del veganesimo: come i crudisti (uno su tre, rispetto al totale dei vegetariani) e i fruttariani (quasi uno su quattro), che si ineriscono nella galassia «veg» assieme ai raccoglitori (mangiano solo ciò che cade dagli alberi) e ai pesco-vegetariani (per cui l’unico divieto è per la carne di volatili e animali terrestri).
La Stampa – 13 febbraio 2018