La società «non è sorda» all’invito alla penitenza propria dell’attuale periodo di Quaresima, perché già ora «la società vive nella penitenza».
Lo afferma il vescovo Gianfranco Girotti, reggente della Penitenzieria apostolica vaticana, richiamandosi «a tante famiglie in difficoltà, a tanti giovani che non riescono a dare una fisionomia al loro futuro a causa della strutturale incertezza sociale ed economica».
«Il pensiero – afferma il penitenziere apostolico in un’intervista all’Osservatore romano – va soprattutto a tanti bambini abbandonati, senza il necessario sostegno, sia materiale sia affettivo. Non è necessario pensare ad altre forme di mortificazione». «È necessario uno sguardo di fede più profondo. La vita che stiamo vivendo è una forma di grande penitenza perché comporta la necessità di rinunciare a molti sogni, di mortificare molti desideri, di ridurre molti bisogni. La penitenza che forse va sollecitata consiste nel prendere coscienza della situazione e nell’accettarla come occasione di una vita materialmente più sobria e spiritualmente più ricca».
L’itinerario penitenziale proprio della Quaresima, «propiziato anche dalla crisi economica che segna le sorti di tanti Paesi», secondo il reggente della Penitenzieria apostolica, «prevede una maggiore sobrietà nell’uso dei beni materiali, da bilanciare con una ricchezza di iniziative di carattere spirituale con cui interpretare più in profondità la realtà che ci circonda e offrire uno stile di vita più interiormente raccolto, e insieme più fruttuoso a favore di quanti rientrano nel raggio della nostra attività professionale». «Il principio al quale vorrei che ispirassimo la condotta – rileva mons. Girotti nell’intervista – è di matrice propriamente francescana: solo alimentando l’anima si può contenere la fame del corpo».
Nella sua riflessione all’Osservatore Romano il prelato nota, inoltre, che «la fraternità tarda a rivelarsi nel suo effettivo spessore, perché nei momenti di difficoltà economica o di turbolenza sociale, ognuno ridiventa diffidente e si chiude in sé pensando ai problemi a cui deve far fronte. Oggi viviamo tutti tendenzialmente chiusi in noi stessi, quale forma di autodifesa. Ora, in quest’epoca di crescente globalizzazione, la relazione verso l’altro è decisiva, perché l’altro o è nostro fratello o presto si rivela nostro nemico».
3 marzo 2012