Allarme di Ricciardi, consulente di Speranza, sulla nuova Delta: “È più infettiva, i falsi negativi provocano molti focolai” Ma è impossibile eliminare i test rapidi. In Italia se ne fanno 600mila al giorno: così crollerebbe il sistema diagnostico
Tutti gli indicatori d’allarme sono in salita costante: ancora su i nuovi positivi, i ricoveri, l’occupazione delle terapie intensive, i decessi. Ma quel che preoccupa è che l’indice di contagio sembra destinato a salire ancora. All’orizzonte si affaccia infatti la nuova variante, anche questa in arrivo dall’Inghilterra, la Delta Plus, non più letale ma certamente ancora più contagiosa rispetto alla delta ormai dominante ovunque. «Siamo ai livelli della varicella, un positivo è in grado di contagiarne 8-9. Con il virus originario di Wuhan un positivo ne infettava al massimo 2, con la Delta 6-7, la nuova variante ha un indice di contagiosità maggiore del 15-20%. È per questo che non possiamo più permetterci il rischio dei falsi negativi dati dai tamponi antigenici».
Il professore Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, è uno degli antesignani della nuova battaglia di medici e scienziati contro i test rapidi che ormai in tanti vorrebbero cancellare tra i criteri per il rilascio del Green Pass. Non perché uno degli strumenti di diagnosi più utilizzati dall’inizio della pandemia sia improvvisamente ritenuto inaffidabile ma perché la già nota percentuale di errore (intorno al 30%) rischia di diventare volano di migliaia di focolai. «In Italia i primi casi di Delta Plus, per fortuna ancora pochi, sono già stati isolati, in Gran Bretagna costituiscono il 15-20% dei nuovi positivi ed in un paio di mesi saranno predominanti. E l’Italia, come accaduto con la Delta, seguirà a ruota — spiega Ricciardi —. Con questo indice di contagio così alto, ogni positivo che dovesse sfuggire al radar dei test rapidi (che rilevano con maggior difficoltà la carica virale) è in grado di dar vita ad un cluster. Dobbiamo intervenire in tempo e limitare la concessione del Green Pass ai vaccinati e ai guariti».
Non è cosa semplice come può sembrare. Al ministero della Salute hanno più di una perplessità. Assai complicato che l’Italia, ovviamente inserita in un contesto europeo che ritiene valido il tampone rapido ai fini del rilascio del Green Pass, possa decidere di cambiare rotta. Se così fosse dagli altri Paesi europei si potrebbe, ad esempio, continuare ad entrare tranquillamente in Italia con l’esito negativo di un test antigenico e, paradossalmente, uno straniero potrebbe accedere alle attività sociali che i governatori chiedono al governo di voler riservare solo a vaccinati e guariti.
Altrettanto complicato sarebbe disallineare con l’Europa la durata della validità dei test dimezzandone i tempi come, in alternativa, propone il virologo Fabrizio Pregliasco: «I tamponi sono stati una mediazione — dice —. Soprattutto quelli antigenici hanno un valore molto limitato con un 30% di falsi negativi. Un antigenico con validità a 24 ore sarebbe meglio».
Eliminando i test antigenici, l’intero sistema diagnostico italiano basato sui tamponi, che oggi arriva fino a 6-700 mila test al giorno, crollerebbe. Qualche numero per comprendere le proporzioni: dei 3,7 milioni di tamponi effettuati negli ultimi sette giorni ben, 2,7 milioni sono rapidi, un milione i molecolari, dunque uno su tre. Ben diverso anche il tasso di positività rilevato dai due tipi di tamponi: il 6,04% con il molecolare, appena lo 0,25% con l’antigenico anche se va sottolineato che la maggior parte dei molecolari viene effettuata a conferma di un sospetto di diagnosi mentre l’antigenico viene usato prevalentemente come strumento di screening o, da quando c’è il Green Pass, semplicemente per ottenere la certificazione verde da chi non ha alcun sintomo. Ma di certo il sistema Italia non è in grado di garantire tamponi molecolari per tutti, per i tempi di lavorazione, per le strutture in grado di farlo (non le farmacie) e anche per i costi, visto che — a fronte dei 15 euro dell’antigenico — non c’è molecolare che costi meno di 50 euro.
E in attesa che il governo decida, molte strutture, a cominciare dalle Rsa dove si stanno verificando i primi focolai, cominciano in autonomia a richiedere i molecolari ai visitatori anche se regolarmente dotati di Green Pass.
Repubblica