I primi riscontri della «variante inglese» del coronavirus in Lombardia risalgono al 23-24 dicembre scorsi. Da allora, come da indicazione del ministero della Salute e della Regione, sono continuate le analisi sui tamponi positivi di chi rientra da Gran Bretagna, Sudafrica e Brasile. Le autorità sanitarie hanno lanciato l’allerta sul virus mutato presente in quei Paesi. L’obiettivo è capire il comportamento dell’epidemia.
Il Policlinico San Matteo di Pavia è un riferimento per questo tipo di lavoro. «I campioni arrivano da tutta la Lombardia — spiega il professor Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia molecolare —. Da Natale abbiamo analizzato circa 70 rientri positivi e abbiamo identificato una cinquantina di persone che hanno contratto il virus nella variante inglese, nessuna con quella brasiliana o sudafricana». In quel 50 ci sono pure i contatti stretti degli infetti, da cui sono stati contagiati. I casi più recenti sono emersi a Cremona e Mantova. In quest’ultima provincia il San Matteo sta facendo un approfondimento sul territorio e non solo sui rientri. La richiesta è arrivata dall’Ats locale per capire a cosa sia dovuta la recente crescita dei contagi. «Ma al momento non abbiamo dati relativi a una circolazione diffusa della variante inglese in quest’area» dice Baldanti.
Lo studio delle mutazioni è più complesso e costoso rispetto alle analisi per capire solo se un tampone è positivo o negativo. A Pavia servono due giorni per avere i risultati, più tempo per il sequenziamento completo del genoma.
Lo studio
Nella prima ondata
sarebbero presenti sette varianti virali
nella Regione
Secondo il responsabile del laboratorio le indagini sono da potenziare. «Ci aiutano a tracciare l’evoluzione dell’epidemia». È quello che si è fatto nel lavoro appena pubblicato su Nature Communications dal San Matteo con l’ospedale Niguarda e l’università Statale di Milano. Dallo studio emerge che nella prima fase dell’emergenza erano presenti sette varianti virali in Lombardia. Altro risultato, l’identificazione di due sub-epidemie a Lodi/Cremona e a Bergamo alimentate da mutazioni differenti. Le analisi sono ancor più utili oggi. «È in corso la campagna vaccinale con un preparato, presto ne arriveranno altri, assieme agli anticorpi monoclonali — dice Baldanti —. Ci sono armi specifiche contro la malattia, è importante verificare che il virus non ne mini l’efficacia cambiando la propria natura».