Così il presidente della commissione Affari Sociali della Camera è intervenuto su Radio Cusano Campus. Per Vargiu la prevenzione rivestirà un ruolo fondamentale per il Ssn. “L’obiettivo da perseguire non è abbattere i costi, ma allungare la vita delle persone e garantirgli salute”.
“Le risorse del Fondo sanitario nazionale non sono sufficienti a garantire la salute dei cittadini”. Così il presidente della commissione Affari Sociali della Camera, Pierpaolo Vargiu, ai microfoni della trasmissione Genetica oggi in onda su Radio Cusano Campus, è intervenuto su un tema di scottante attualità. Proprio in questi giorni, infatti, si è in attesa della più volte rimandata intesa Stato Regioni riguardante i tagli previsti dalla stabilità 2015 e, più in particolare, il taglio da 2,3 mld al Fondo sanitario nazionale. La scorsa settimana, la commissione Sanità del Senato, ha approvato all’unanimità il documento finale dell’indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Ssn nella quale veniva stroncata la politica dei tagli alla settore: “Il sistema è tanto sostenibile quanto noi vogliamo che lo sia”, scrivevano i senatori. Ora, anche il presidente della commissione sanità di Montecitorio prende posizione.
“La prevenzione è oggi la vera carta importante da giocare per il nostro sistema sanitario – ha affermato Vargiu -. L’obiettivo del sistema sanitario non è abbattere i costi, ma allungare la vita delle persone e garantirgli salute. Proprio per questo motivo, i soldi vanno spesi nel modo migliore possibile. Noi abbiamo un fondo sanitario nazionale che è intorno ai 110 miliardi di euro, il tema è se questi soldi siano sufficienti o meno per garantire la salute dei cittadini. Secondo me non sono sufficienti, per cui le richieste che vengono dai cittadini spesso sono lente ad essere soddisfatte. Per questo non dobbiamo sprecare neanche un centesimo”.
“Invece ogni anno, per la cosiddetta ‘medicina difensiva’, buttiamo 10 miliardi dei 110 che dovremmo spendere in sanità dentro il cesso e tiriamo la catena. Questi soldi vengono usati per una serie di accertamenti diagnostici e interventi terapeutici, che non sono assolutamente utili al paziente ma servono solo al medico per tutelarsi di fronte ad eventuali denunce penali – ha concluso -. E’ evidente che dobbiamo uscire da questo meccanismo”.
QS – 15 giugno 2015