Stefano Simonetti, Il Sole 24 Ore sanità. Su questo sito è stato ampiamente illustrato quanto detto lo scorso 21 marzo dal ministro della Salute nel corso del Question time alla Camera. Sono state annunciate nuove proposte normative, che il ministro intende adottare prima dell’inizio dell’estate. Provo a sintetizzare gli aspetti maggiormente significativi che sono già stati accolti favorevolmente dai sindacati medici:
•possibilità di un incremento delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive, di cui all’articolo 115, comma 2 del CCNL del 19.12.2019
•misure di premialità di carriera
•misure di defiscalizzazione del lavoro aggiuntivo e della indennità di specificità della dirigenza medica sanitaria
•valorizzazione ai fini previdenziali
•disincentivazione dell’assunzione dei medici a gettone.
Tutte le misure segnalate sono senz’altro importanti ed efficaci, anche se talune appaiono già di difficile realizzazione. Nel merito, tuttavia, vorrei ricordare che la prima e la seconda delle misure ipotizzate rientrano nella competenza sovrana della contrattazione collettiva e non può non tornare di attualità il tema generale del contratto collettivo scaduto da 15 mesi e del quale, dopo l’apertura della sessione negoziale avvenuta lo scorso 2 febbraio, non si hanno più notizie. E’ plausibile che la vera trattativa potrà cominciare soltanto una volta rese disponibili risorse extracontrattuali come quelle promesse dal ministro: è ovvio, infatti, che con un rinnovo pari al 3,78% del monte salari non si va da nessuna parte. Le altre tre misure sono di competenza esclusiva della legge e si possono immaginare i paletti che porranno sui primi due punti il MEF e l’INPS; ma anche sull’ultimo punto ho ragione di credere che esiste qualche controinteressato che non renderà semplice e spedito l’intervento legislativo.
Il ministro si è soffermato anche sull’altra grande tematica attualissima, quella delle violenze nei confronti dei sanitari. Più volte ho segnalato che le linee di intervento di natura preventiva purtroppo non bastano. Il ricorso alle attività di comunicazione rivolte alla popolazione, affinché sul tema della prevenzione della violenza sugli operatori sanitari si diffonda una nuova sensibilità e si riconoscano la giusta conoscenza e la giusta considerazione del Ssn sono tanto giuste quanto volatili e sono personalmente convinto che per un soggetto che arriva alla follia di aggredire fisicamente chi tutela la salute pubblica una campagna informativa e le “buone maniere” non sono sufficienti e non servirebbe nemmeno un percorso di rieducazione di stampo staliniano. Sulle postazioni di polizia all’interno degli ospedali va riconosciuto un sicuro effetto di deterrenza e un valore simbolico ma il reale e tempestivo intervento del poliziotto per scongiurare un caso di aggressione in atto è del tutto illusorio. Sul piano degli interventi preventivi resta l’operato dell’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni sanitarie e socio-sanitarie (ONESPS) che ha trasmesso al Parlamento la sua prima relazione annuale, pubblicata sul sito del ministero della Salute. Il documento consta di 179 pagine molto interessanti con statistiche e tabelle. Sconcertante, peraltro, è il rilievo contenuto a pag. 165 della stessa Relazione riguardo alla raccolta dei dati che “avviene con modalità differenziate e, pertanto, i relativi risultati non sono confrontabili”. Sorvolo, infine, sulla istituzione della “Giornata nazionale di educazione e prevenzione”.
Ribadisco, allora, che potrebbe portare a maggiori risultati il rafforzamento della fase repressiva, sulla quale ho scritto più volte (su questo Sito, 25 febbraio e 14 novembre 2022; 17 e 24 gennaio 2023). Nelle dichiarazioni del ministro una affermazione merita un approfondimento. Infatti ha sottolineato come “l’attuale meccanismo di perseguibilità a querela di parte delle aggressioni commesse ai danni del predetto personale, prevedendo la generale procedibilità d’ufficio del reato a prescindere dalla gravità della lesione”. Ricordo, a tale proposito, che l’art. 6, comma 1, della legge 113/2020 prevede la deroga alla querela di parte quando “ricorra la circostanza aggravante prevista dall’articolo 61, numero 11-octies)”. Quest’ultima fattispecie è stata introdotta proprio dalla medesima legge con il precedente art. 5 e consiste nel “l’avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di tali professioni o attività.” Da una lettura attenta si ricava, quindi, che tutte le aggressioni sui sanitari integrano la fattispecie dell’aggravante con la conseguenza che la procedibilità è già oggi sempre d’ufficio.
Infine, a costo di essere noioso, ricordo ancora una volta quali altri potrebbero essere le misure da adottare, sperando di poter fornire utili spunti per la normativa che il ministro intende adottare:
•obbligatorietà della segnalazione alla Procura da parte dell’Azienda sanitaria;
•la obbligatorietà della costituzione di parte civile dell’Azienda;
•la previsione del danno all’immagine per l’Azienda e del danno esistenziale per il sanitario;
•introduzione della pena accessoria del volontariato in ospedale;
•per i casi più gravi o reiterati benefici similari a quelli stabiliti per le donne vittime di violenza;
•specifiche polizze integrative dell’assicurazione obbligatoria nell’ambito del welfare aziendale;
•rivalsa della retribuzione erogata ai dipendenti assenti dal servizio a causa delle aggressioni;
•finalizzazione dell’importo delle multe alla sicurezza del personale sanitario, come già previsto nel CCNL dell’Area della Sanità.