La disciplina igienico-sanitaria delle produzioni alimentari è stata oggetto di una straordinaria opera di riforma europea, il c.d. “Pacchetto Igiene” (1), che ha consentito di garantire un elevato livello di sicurezza alimentare mediante regole efficaci e uniformi. Tutto bene fuorché in Valle d’Aosta, ove l’estate scorsa è stata introdotta una pericolosa anomalia, anzi un vero e proprio macello. Vediamo di che si tratta.
Il regolamento “Igiene 3? dispone che “il veterinario ufficiale effettua un’ispezione ante mortem di tutti gli animali prima della macellazione” (2). Al preciso scopo di accertare il benessere animale e l’assenza di condizioni di rischio per la salute degli animali stessi (con attenzione alle zoonosi e malattie oggetto di norme UE di polizia sanitaria), e dei consumatori che entrino in contatto con i prodotti da essi derivati.
Il veterinario ufficiale assicura che il bollo sanitario venga apposto soltanto se l’animale (ungulati domestici, mammiferi selvatici d’allevamento diversi dai lagomorfi e selvaggina in libertà di grandi dimensioni) è stato sottoposto a ispezione “ante mortem“ (3). Un controllo indispensabile proprio perché solo prima della morte è possibile verificare l’assenza di quelle condizioni patologiche che pregiudicano l’ammissione alla macellazione e al consumo (4).
La visita “ante mortem“ negli ungulati domestici è da sempre considerata complemento fondamentale e irrinunciabile della visita ispettiva “post mortem” (5), ai fini del parere di idoneità al consumo che l’ispettore veterinario certifica mediante apposizione del bollo sanitario.
La legge della Regione Valle d’Aosta n. 16 del 2 agosto 2016, “Disposizioni collegate alla legge regionale di variazione del bilancio di previsione per il triennio 2016/2018” (6), in palese contrasto con le regole europee sopra citate, prevede che “in assenza di sintomi sospetti di malattie infettive e di malattie trasmissibili all’uomo, la visita ante mortem può non avere luogo” (7) nei casi di macellazione a domicilio “autorizzata ai dell’articolo 13 del Regio Decreto 20 dicembre 1928, n. 3298” (8).
Un pericoloso tuffo nel passato, che sorvola quasi un secolo di progresso scientifico, analisi del rischio e riforme normative. Dal Regio Decreto del 1928 ad oggi le regole sono radicalmente cambiate, sia per quanto riguarda la macellazione e le caratteristiche strutturali del macello, sia nei criteri a garanzia del benessere degli animali e della sicurezza degli operatori. Per non tacere della gestione delle malattie trasmissibili, la gestione dei sottoprodotti, l’anagrafica degli animali e degli allevamenti.
Cui prodest? Il macello a domicilio non costituisce certo un risparmio per gli operatori onesti, i quali dovrebbero comunque affrontare costi di gran lunga superiori a quelli applicati dai macelli riconosciuti. L’applicazione della legge valdostana potrebbe invece indurre gli operatori disonesti (un eufemismo) a chiedere la bollatura sanitaria di animali deliberatamente macellati in fin di vita o addirittura già morti. Con l’aggravante di poter mascherare trattamenti illeciti (mammelle e vulva ipertrofica per estrogeni, timo ipertrofico eliminato prima della visita post mortem, comportamenti anomali per uso di eccitanti o di calmanti, dermatofiti e rogna sulla cute) i cui segni e sintomi sono pressoché impossibili da rilevare con la sola visita post mortem.
Le norme valdostane espongono a grave rischio la sicurezza delle carni che il veterinario dovrebbe poi certificare, poiché solo sull’animale vivo si può verificare l’assenza di segni e sintomi di patologie come ipertermia, rabbia, BSE e TSE, malattie nervose come tetano e listeriosi, e buona parte delle malattie infettive tipiche del tegumento come l’afta. Risulta altresì impossibile diagnosticare malattie come il carbonchio ematico che ostano alla macellazione, per l’indispensabile tutela dell’incolumità degli operatori e dell‘intera comunità (9).
Il Ministero della Salute, secondo ultime notizie, ha già attivato i contatti con la Regione Valle d’Aosta per porre rimedio ai guai sopra descritti. Il Ministero dello Sviluppo Economico deve a sua volta notificare le norme in esame alla Commissione europea (10). La scelleratezza localistica esporrà il nostro Paese al pubblico ludibrio – immeritatamente, a fronte di un sistema dei controlli pubblici veterinari che primeggia in Europa e nel mondo – ma il testo non varcherà la Dora Baltea.
Dario Dongo – www.foodagriculturerequirements.com
Note
(1) regolamenti (CE) n. 852, 853, 854, 882/04 e seguenti
(2) Reg. CE 854/04, Allegato I, Sezione I, Capo II, parte B
(3) Reg. CE 854/04, Allegato I, Sezione I, Capo III
(4) Reg. CE 854/04, Allegato I, Sezione II, Capo III
(5) Già nel 1799 la Commissione Sanità Bolognese ordinava che “niuna bestia può essere macellata se prima non è visitata da un ministro di annona e sanità“. In età più recente, il d.lgs. 286/1994, prescriveva che “sono ammessi alla macellazione gli animali che hanno superato favorevolmente l’ispezione ante mortem” (art. 8)
(6) In B.U. Valle d’Aosta 3 agosto 2016, n. 34
(7) Cfr. legge regionale citata, articoli 5 (“Disposizioni in favore della zootecnia“) e 6 (“Disposizioni in materia di macellazioni domiciliari e di smaltimento dei sottoprodotti“)
(8) Il R.D. n. 3298 del 20.12.1928 aveva previsto la possibilità di eseguire la macellazione a domicilio, fuori dai pubblici macelli, soltanto per motivi eccezionali, quando fondati motivi giustificassero il provvedimento. L‘intenzione del legislatore monarchico era quella di relegare tale pratica al ristretto ambito di una “eccezionalità” legata alle difficoltà socio-economiche dei periodi bellico e post bellico, sebbene il suo ricorso si sia poi protratto in periodo successivo, pure in difetto dei presupposti in origine considerati
(9) La macellazione di un animale con il carbonchio comporta la contaminazione di tutti i presenti e dell’ambiente per tempi molto lunghi
(10) Cfr. direttiva 1998/34/CEE, come emendata dalla successiva 1998/48/CEE, e ulteriori modifiche
19 ottobre 2016