Il Corriere della Sera. Sequenziati e depositati tre genomi virali che sembrano simili a quelli isolati nel 2018. La malattia, conosciuta da anni, si sta diffondendo in comunità come mai era avvenuto prima
Quali sono i sintomi del virus delle scimmie?
Monkeypox provoca una serie di sintomi simil-influenzali come stanchezza, dolori muscolari, mal di testa, febbre, linfonodi ingrossati ma presenta anche un’eruzione cutanea distintiva: lesioni sui palmi delle mani. Le lesioni alla pelle sono spesso descritte come molto dolorose, indipendentemente da dove si verificano. Tuttavia in questi nuovi focolai, secondo quanto riferito dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie «la maggior parte dei casi presentava lesioni sui genitali o sull’area perigenitale, indicando che la trasmissione probabilmente si verifica durante uno stretto contatto fisico durante le attività sessuali». Segnalate anche molte ulcerazioni orali.
Tra le rare complicanze sono riportate: broncopolmonite, shock secondario a diarrea e vomito, cicatrici corneali che possono portare a cecità permanente, encefalite specialmente nei pazienti con infezione batterica secondaria e setticemia, con la formazione di cicatrici sulla pelle come sequela a lungo termine.
Come si trasmette il vaiolo delle scimmie?
Il virus può diffondersi con contatti ravvicinati, attraverso i fluidi corporei, il contatto con la pelle e le goccioline respiratorie per questo sono più a rischio infezione operatori sanitari, membri della famiglia e partner sessuali. Lesioni nella cavità orale o sulla pelle di un individuo infetto sono contagiose, così come le lenzuola o gli abiti che sono stati a contatto con il pus emesso dalle vescicole. Tuttavia uno studio risalente ancora al 2013 condotto da scienziati del Tulane National Primate Research Center negli Usa parla anche di trasmissione via aerosol: la ricerca ha dimostrato che il virus del vaiolo delle scimmie (virus respiratorio) può restare nell’aria in aerosol fino a 90 ore, mantenendosi infettivo. Lo studio è però stato condotto in laboratorio e non ci sono conferme per ora dal mondo reale, ma è evidente che il rischio di trasmissione aerea va studiato per non ripetere gli errori fatti con il Covid.
Quando avviene il contagio?
La malattia è trasmissibile dal momento in cui compaiono o segni e i sintomi e durante l’intero decorso della malattia, cioé fino a quando tutte le lesioni sono guarite e le croste sono state sostituite da un nuovo strato di pelle. Non esistono molte informazioni sul tasso di trasmissibilità e le poche esistenti riguardano il lignaggio del Congo, più aggressivo mentre in Europa si è diffuso quello proveniente dall’Africa Occidentale, più lieve. Si parla comunque di un R0 inferiore a 1. Il periodo di incubazione è in genere compreso tra i 5 e i 21 giorni, per questo motivo l’Agenzia di sicurezza sanitaria del Regno Unito raccomanda alle persone che hanno avuto «contatto diretto non protetto o contatto ambientale ad alto rischio» con la malattia di a utoisolarsi per 21 giorni ed evitare il contatto con persone immunodepresse, donne in gravidanza e bambini di età inferiore ai 12 anni.
Il virus è stato sequenziato?
Sì, i primi genomi virali sono stati isolati e depositati in Portogallo, Belgio e Stati Uniti. Le tre sequenze sembrerebbero tra loro simili e suggeriscono la derivazione da un solo cluster di infezioni. Le sequenze sono molto vicine a quelle isolate in Nigeria e nel Regno Unito nel 2018 durante una precedente epidemia. Al momento non sembrerebbero emergere mutazioni tali da giustificare una aumentata trasmissibilità, anche se sono necessari dati di sequenziamento più specifici che sono ancora in corso. Ogni Paese che ha individuato almeno un caso dovrà depositare in banca dati il genoma virale.
Ci sono già stati focolai?
In genere il vaiolo delle scimmie non porta a grandi focolai e fuori dall’Africa si sono registrati negli anni solo una manciata di casi. Il focolaio più numeroso fuori dai Paesi dove è endemico si è verificato nel 2003 negli Stati Uniti con 70 casi collegati a cani e altri animali infetti. In Africa 11 paesi hanno segnalato casi dal 1970: il primo riguardava un bambino di 9 anni nella Repubblica Democratica del Congo. Dal 2017 la Nigeria sono stati segnalati oltre 500 casi sospetti e 200 confermati. Tuttavia fino ad oggi i focolai sono stati raramente segnalati e sono stati poco descritti.
Perché le autorità sanitarie sono preoccupate?
Secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie questa è la prima volta che le catene di trasmissione sono state segnalate in Europa senza collegamenti con l’Africa occidentale o centrale: avviene cioé una trasmissione in comunità. Ad oggi, su 52 soggetti su cui l’informazione è disponibile, 41 non hanno viaggiato di recente e questo confermerebbe la circolazione locale del virus e la trasmissione uomo-uomo. Per ora gli individui tracciati sono quasi tutti non legati epidemiologicamente a parte il caso di un nucleo familiare composto da sei persone, il cluster nato in una sauna a Madrid, e possibili legami tra alcuni pazienti che hanno partecipato al gay Pride a Gran Canaria dal 5 al 15 maggio su cui stanno indagando le autorità sanitarie spagnole.
L’Organizzazione mondiale della Sanità studia da anni questo virus proprio per la sua vicinanza con il vaiolo umano, ma quel che oggi preoccupa è la velocità di trasmissione: tutti i casi registrati in Africa hanno prodotto pochi casi secondari e tutti facilmente riconducibili a un caso indice. In questi ultimi episodi invece a parte qualche eccezione è più difficile trovare collegamenti tra i vari pazienti, come se esistesse una trasmissione comunitaria non ancora identificata. Come per tutti i virus, più corrono e si diffondono e maggiore il rischio di mutazione. Infine, la maggior parte della popolazione mondiale non è vaccinata contro il vaiolo umano, e quindi miliardi di persone sono oggi suscettibili.
Susan Hopkins,chief medical officer dell’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (Ukhsa) ha descritto il vaiolo delle scimmie come «una nuova malattia infettiva che si sta diffondendo nella nostra comunità» con «casi che non hanno contatti identificati con un individuo proveniente dall’Africa occidentale», dove la malattia era precedentemente presente. La funzionaria ha dichiarato alla Bbc: «Sappiamo che c’è stato un periodo di restrizioni in tutta Europa e non sappiamo da dove provenga questa infezione e come sia arrivata in Europa. Non c’è alcuna connessione evidente nei nostri casi nel Regno Unito con un singolo evento».
Le lesioni sulla pelle prudono come quelle della varicella?
No, in genere fino allo stadio di formazione di croste, le lesioni da vaiolo delle scimmie sono generalmente dolorose, mente la varicella è pruriginosa. È solo durante la fase di guarigione, quando si formano le croste e la pelle si sta un po’ rigenerando, che i pazienti di vaiolo delle scimmie menzionano il prurito. Il numero di lesioni varia da individuo a individuo e le persone con pelle scura possono presentare, dopo la guarigione, aree più chiare sulla pelle proprio dove si trovavano le lesioni.
Chi sono le persone più a rischio?
Le persone con una precedente vaccinazione contro il vaiolo hanno una certa protezione contro il vaiolo delle scimmie (stimata all’85%) e ci si aspetta che questa parte di popolazione (over 50 anni) contragga eventualmente una malattia più lieve anche se va oggi verificata l’effettiva protezione a distanza di anni (le indagini sono in corso). Sembrerebbero quindi più a rischio i giovani che non si sono vaccinati (la vaccinazione è stata interrotta negli anni Ottanta dopo l’eradicazione del vaiolo). Questo è in linea con i dati finora disponibili: i contagiati hanno tra i 20 e i 40 anni. Non sono noti casi sopra i 55 anni. Tuttavia non si può ancora escludere che condizioni di salute precarie tipiche dell’età avanzata non possano rappresentare un fattore di rischio, ma i dati al momento sono ancora preliminari.
Come si fa la diagnosi?
Scrive l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù: «La diagnosi di vaiolo delle scimmie nell’uomo è prevalentemente clinica, con le tipiche lesioni cutanee che inducono al sospetto diagnostico. Un’adeguata valutazione clinico anamnestica, inclusi zona di viaggio, occupazione e contatti, sono essenziali per la distinzione tra i vari tipi di eruzioni cutanee. Per stabilire una diagnosi definitiva sono necessari l’isolamento e la coltura virale, l’immunoistochimica per il rilevamento dell’antigene virale, il test immunoassorbente legato agli enzimi per il rilevamento degli anticorpi (IgG e IgM) e il rilevamento del DNA virale specifico mediante la PCR».
E’ vero che la malattia colpisce principalmente uomini?
Al momento, su 105 casi per i quali è disponibile l’informazione, un solo individuo è di sesso femminile. L’Ecdc, suscitando anche polemiche ha scritto nel suo report che La maggior parte dei casi si è verificata in giovani uomini, molti che si sono identificati come uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM). Ad oggi non esistono dati relativi al virus nello sperma o nei fluidi vaginali. Sappiamo che la trasmissione richiede uno stretto contatto, ed è ciò che accade durante un rapporto intimo. Nei rapporti anali il rischio di lacerazione delle mucose è più alto e proprio attraverso queste lesioni, se l’individuo è contagioso, può trasmettere il virus al partner. Questo potrebbe spiegare l’alta incidenza di contagio tra gli uomini. Tuttavia va ricordato che il contagio interumano può avvenire anche attraverso la saliva, le goccioline respiratorie, il contatto con indumenti o lenzuola contaminate.