vet33. Alla luce della rapida diffusione mondiale raggiunta in poche settimane dal Monkeypox, uno studio evidenzia lacune, omissioni e sottovalutazioni della ricerca scientifica sugli animali selvatici.
E mentre si moltiplicano le segnalazioni di casi di infezione da vaiolo delle scimmie, ormai nella maggior parte del globo, è già maturata una certezza su una delle principali cause di questa diffusione: la sottovalutazione dell’effettiva presenza dell’infezione in Africa. Un recente studio del Royal Veterinary College (RVC) pubblicato sull’ International Journal of Infectious Diseases, punta infatti il dito sulle lacune della ricerca nell’epidemiologia del virus Monkeypox (MPX) nei paesi endemici. In Nigeria, per esempio, il numero di casi confermati rappresenta probabilmente solo una piccola percentuale del numero reale di infezioni, e questo a causa della mancanza di test, e di pratiche di segnalazione incomplete.
Gli highlights della ricerca
In primo luogo, sottolinea il team RVC, nonostante il serbatoio animale in Africa sia variegato ed esteso, il virus MPX è stato isolato negli animali selvatici solo in due occasioni: in uno scoiattolo (il Funisciurus anerythrus) e in una scimmia (un mangabey fuligginoso). Se ne conclude, quindi, che tanto resta ancora da studiare e comprendere riguardo ai reservoir animali e a possibili spillover. Specialmente alla luce dei cambiamenti nell’uso del suolo e del loro impatto sulla distribuzione antropica e degli animali ospite. Una prima ipotesi avanzata dallo studio, è che la popolazione di roditori sinantropici sia aumentata negli ultimi anni in Africa portando a più interazioni uomo-roditore e quindi a una maggiore trasmissione di MPXV.
L’articolo RVC, inoltre ipotizza che quasi 45 anni dopo la fine della vaccinazione di routine contro il vaiolo, la soglia di immunità, anche a causa di una popolazione più numerosa e interconnessa, si sia abbassata, agevolando la circolazione del virus, a partire da un aumento della trasmissione già in Africa.
Dati questi presupposti, dunque, diventa necessaria e urgente una nuova stima del tasso di riproduzione di base ed effettivo, nelle diverse popolazioni.
La finalità ultima è quella di colmare le lacune nella ricerca relative ai focolai di MPX. E per questo – sottolinea lo studio – sono necessarie collaborazioni nazionali, regionali e internazionali. Inoltre, la recente individuazione di casi di MPX al di fuori dell’Africa indica l’importanza della ricerca One Health per limitare, controllare e/o sradicare le malattie infettive alla fonte.
“Increased outbreaks of monkeypox highlight gaps in actual disease burden in Sub-Saharan Africa and in animal reservoirs”. By Najmul Haider, Javier Guitian, David Simons, Eskild Petersen, Richard Kock, Alimuddin Zumla, Thirumalaisamy P. Velavan, Francine Ntoumi, Sofia R. Valdoleiros, Eskild Petersen, Richard Kock, Alimuddin Zumla. https://doi.org/10.1016/j.ijid.2022.05.058