«Il Servizio sanitario nazionale è come una pianta che va curata per farla crescere forte e sana. Non basta innaffiarla, così come al Ssn non bastano solo fondi, che servono certo, ma da soli non bastano. Bisogna dargli il giusto fertilizzante e la prevenzione è forse quello principale: basti pensare che solo sconfiggendo la sedentarietà si risparmierebbero secondo alcune stime 4,5 miliardi che potrebbero essere impiegati altrove. Ma soprattutto il 40% dei tumori si potrebbe evitare con stili di vita sani». Francesco Vaia, Direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute prova a raccontare così il suo “manifesto” secondo il quale «bisogna fare tutti sistema» perché «il Ssn da solo non può farcela, serve un’alleanza che parta dalle scuole, entri nelle famiglie e arrivi fin dentro le aziende».
Ma il nodo oggi non è il sottofinanziamento?
Per il Ssn il problema non è tanto e solo quello di aggiungere più fondi. Anche perché non possiamo aggiungerli all’infinito: oggi siamo alla cifra record di 134 miliardi. Possiamo salire ancora, ma il nostro Ssn è di fronte a transizioni importanti: quella demografica, con sempre più anziani, quella epidemiologica con l’aumento delle malattie croniche e poi quella digitale con l’arrivo delle nuove tecnologie e per questo servono più investimenti. Però, come sanno bene gli economisti, tu puoi aumentare e potenziare l’offerta, ed è giusto farlo, ma bisogna anche pensare allo stesso tempo a come governare la domanda di salute evitando di soddisfare quella che non è appropriata, altrimenti anche la domanda cresce e basta.
Come?
A esempio non tutto si deve curare in ospedale o con l’accesso al pronto soccorso e per questo va potenziata la sanità sul territorio come si sta facendo con il Pnrr. È giusto anche far crescere l’appropriatezza delle prescrizioni, come si vuole fare con il decreto sulle liste d’attesa. Ma l’altro tema vero, che tutta la letteratura scientifica internazionale ribadisce da anni, è che per rendere davvero sostenibile la Sanità oggi e in futuro lo strumento principe è la prevenzione.
Bisogna investirci di più?
Sì, bisogna passare dal 5% della spesa sanitaria totale oggi investita in prevenzione ad almeno il 7 per cento. Perché investire in prevenzione conviene a tutto il Ssn per il ritorno anche economico che può produrre: è dimostrato che il 60% del carico di malattia è limitabile e prevenibile con l’adozione di stili di vita sani. Si tratta di un impatto enorme. Oggi la speranza di vita alla nascita è di 82,6 anni, siamo tra i più longevi al mondo, ma la nostra attesa di vita in buona salute è solo di 60,1 anni. È qui che bisogna intervenire, aggiungendo più anni possibile in buona salute.
Con quali effetti?
Tanti e importanti. Basti pensare che la sedentarietà in Italia secondo alcune stime costa 4,5 miliardi di euro, di cui il 65% sono costi diretti. Sempre con stili di vita salutari si possono evitare, lo dicono gli oncologi, fino al 40% dei casi di tumore. L’uso errato degli antibiotici solo in Italia è responsabile di 1,3 milioni di giornate di ricovero in eccesso, per un costo stimabile nei prossimi anni di oltre 2 miliardi l’anno. Dobbiamo sempre ricordarci che accanto alla genetica e alla familiarità la causa più importante delle malattie croniche sono gli stili di vita insalubri: intervenire qui vuol dire abbattere i costi diretti legati all’assistenza, che solo per le malattie cardio-cerebro vascolari, metaboliche come il diabete e tumorali si stima ammontino ad oltre 38 miliardi l’anno.
Cosa si deve fare?
Gli stili di vita sono certamente una responsabilità individuale ma devono essere assolutamente accompagnati dal sistema. Faccio un esempio: fare attività fisica è fondamentale, ma poi sei scuole su dieci non hanno palestre. Ecco, il nostro Paese deve investire anche su questo. Bisogna portare avanti un’azione di sistema che non può essere solo a carico del Ssn: si deve partire dalle scuole come sostiene da tempo il ministro Schillaci e dalle famiglie, ma bisogna anche spingere sul welfare aziendale. All’interno delle aziende, dove si trascorrono tante ore, va data la possibilità alle persone di avere spazi e tempi per il proprio benessere, penso anche alle palestre aziendali e a spazi della socialità. Su questo come ministero stiamo lavorando a un progetto con l’Inail insieme ad alcune grandi aziende.
Quali altri strumenti servono?
A fianco agli stili vita salutari basati su attività fisica e una dieta equilibrata va messa poi anche la diffusione e il potenziamento degli screening e di tutte le pratiche di immunizzazione, che sono cruciali, soprattutto per i più fragili. Questa la via!