«Adesso ti lascio perché devo andare a fare jogging: sto ingrassando». Questa è l’ultima mail inviata dal computer di Cesare Tavella, due ore prima di essere ucciso con tre colpi di pistola per le vie del quartiere diplomatico di Gulshan, a Dacca, la capitale del Bangladesh.
La fine di una chiacchierata con un vecchio compagno di liceo a Chieri, Enrico Arnaudo. Che descrive Tavella sereno, coinvolto nel suo progetto di cooperazione internazionale in Bangladesh con la Ong olandese Icco. E intenzionato ad affiancare alle normali nuotate in piscina, frequentava quella del circolo sportivo americano, sempre nella zona di Gulshan, anche un po’ di jogging.
I misteri ancora irrisolti
Una vicenda per nulla chiara. La rivendicazione online da parte dell’Isis sembra fare il paio con le modalità operative di un’azione condotta con tecniche terroristiche. Eppure ieri il ministro degli Interni Asaduzzaman Khan Kamal ha dichiarato che «fino ad ora gli organismi investigativi non hanno trovato alcun legame fra l’Isis e l’assassinio», organizzazione che nelle sue diverse incarnazioni peraltro sarebbe stata sradicata dal Paese. Stesso invito alla prudenza giunge dall’ambasciata italiana a Dacca.
Quel che è certo comunque è che il popolosissimo Bangladesh, Paese caratterizzato da una impetuosa crescita economica, è una nazione dove fino ad ora l’Islam viene declinato in una versione moderata e non conflittuale. Anzi: tradizionalmente gli islamisti (il partito Jamaat-e-Islami può essere considerato affine ai Fratelli Musulmani) non sono molto popolari: durante la guerra di indipendenza del 1971 si schierarono col Pakistan, commettendo atrocità e qualificandosi come «antinazionali». Secondo gli osservatori locali in effetti non esiste una seria presenza dell’Isis, anche se c’è stato qualche incidente nel recente passato, come l’uccisione di quattro blogger rivendicata dal gruppo Ansarullah Bangla Team. Certamente mai nessun cittadino straniero è stato mai toccato o infastidito da eventi legati al terrorismo o alla politica. E in generale Dacca, vivace metropoli con 14 milioni di abitanti, è una città dove uno straniero può passeggiare tranquillamente. Tensioni politiche ci sono eccome, ma riguardano i sostenitori del partito Awami del premier Sheikh Hasina (al governo) e quelli del Bnp della sua rivale Khaleda Zia.
Una vita «normale»
A maggior ragione poteva considerarsi al sicuro un cooperante italiano di 51 anni come Cesare Tavella facendo jogging per le vie di Gulshan. Chi lo conosce lo descrive come una persona molto serena e competente: era arrivato in Bangladesh a metà maggio, dopo molte esperienze di progetti di sviluppo in Africa e Yemen, e subito si era iscritto all’Anagrafe degli italiani all’estero. Uomo dal carattere riservato, frequentava poco gli altri connazionali presenti a Dacca, o i circoli frequentati dagli «expatriates» occidentali. Nessun aspetto controverso nemmeno nell’attività della Ong olandese che lo aveva assunto in Bangladesh, la Icco Cooperation. A sproposito la Icco è stata indicata come un’«organizzazione religiosa»: quella è la sua origine nel 1964, ma non c’è alcun aspetto neanche vagamente religioso nell’attività svolta oggi da Icco nel mondo o in Bangladesh, dove opera da 40 anni. E tantomeno poteva creare tensioni il lavoro di Tavella nelle zone rurali del Bangladesh, nell’ambito del programma per la sicurezza alimentare di cui era project manager. Si chiama «Proofs» (Profitable Oppotunities for Food Security), ed è mirato ad aiutare le famiglie contadine più povere.
La Stampa – 30 settembre 2015