Dall’avvio della campagna anti Covid, in Veneto il 14% dei vaccini è stato somministrato a personale non sanitario. Il dato, pubblico fino a qualche giorno fa sul sito del Governo e di rimbalzo su quello dell’Aifa, ha destato l’interesse dei sette Ordini dei medici che ora chiedono un chiarimento alle Usl: “È un numero che ci lascia perplessi” sostengono Domenico Crisarà e Giovanni Leoni, presidenti di categoria rispettivamente di Padova e Venezia “soprattutto se si considera che il piano di vaccinazione prevede per la prima fase la somministrazione limitatamente a personale sanitario, ospiti e operatori delle case di riposo”.
Nelle ultime settimane chiacchiere e sospetti sono proliferati, rincorrendosi da nord a sud e sfociando, in alcuni casi, in inchieste. In questo scenario non sono, tuttavia, mancati i mal di pancia anche a livello locale, con interpretazioni delle regole in maniera più elastica a seconda dell’Azienda, fino al caso più clamoroso del Bellunese dove sono stati vaccinati anche amministrativi, alcuni dei quali in smart working.
La lettera inviata ai manager delle Usl e, per conoscenza, all’assessore regionale alla Sanità, mira quindi a fare chiarezza: “Dai dati analizzati nella pagina ufficiale del sito di Aifa” si legge nella missiva “viene riscontrata una percentuale di vaccinazioni per il personale non sanitario sul numero totale che, al momento della nostra rilevazione, in data 16 gennaio, su una media del 21,3% su scala nazionale, presenta il 14% nel Veneto”. La forbice si allarga dal 5,2 della Puglia al 72,9 del Piemonte, dato quest’ultimo che gli stessi Ordini sospettano riconducibile a un possibile refuso. Tuttavia, dalle 19.33 dello stesso giorno non è più stato possibile avere i dati aggiornati per singolo territorio, ovvero suddiviso tra operatori sanitari e sociosanitari, personale non sanitario e ospiti delle strutture residenziali, cui nel frattempo si è aggiunto il dato degli over 80. Resta solo il dato nazionale. “Abbiamo chiesto chiarimenti ai direttori generali e ai commissari delle Usl, visto che sono loro, attraverso i Servizi di igiene e sanità pubblica a decidere gli interventi” prosegue Crisarà “Ci sembra che quel 14% sia eccessivo se si considera che non stiamo ragionando di un sistema di somministrazione generalizzato, ma siamo ancora in una fase di dosi fortemente contingentate in cui i medici in libera professione e i dentisti non sono ancora stati immunizzati.In questa seconda ondata abbiamo avuto un incremento significativo dei decessi tra i medici rispetto al lockdown, ma non ci risulta che ci siano amministrativi che hanno perso la vita sul lavoro a causa del Covid”.
Quanto al fatto che il Veneto sia comunque al di sotto della media nazionale nella somministrazione al personale non sanitario, Crisarà chiarisce: “Noi non vogliamo fare processi, semplicemente esercitiamo il nostro dovere istituzionale, poiché l’Ordine ricopre un ruolo di magistratura ausiliaria dello Stato sul territorio per quanto riguarda la tutela della salute del personale sanitario. E come tale domandiamo se rischia di più un dentista che respira aerosol a cinque centimetri da un paziente o un amministrativo. E visto che non sono ancora state immunizzate tutte le categorie sanitarie chiediamo di sapere a chi siano andati i vaccini somministrati fino ad ora. Ripeto: non è un problema inquisitorio ma di necessità prevalente”.
Da qui, la richiesta contenuta nella lettera “di dati disaggregati e motivazioni della vaccinazione eseguita in misura del 14% su soggetti senza la priorità originaria prevista dal piano vaccini del Governo”. “Anche complici i ritardi che hanno richiesto lo stop alla somministrazione delle prime dosi ci sono persone in prima linea ancora esposte” conclude Leoni “di fronte a questa situazione non è possibile che nel frattempo siano state vaccinate persone che non erano previste nel piano. Dobbiamo serietà a chi lavora in ambienti permeati dal virus, altrimenti il sistema perde credibilità”.
IL MATTINO DI PADOVA