di Simona Ravizza. La scienza si può anche divulgare — e con successo — a suon di schiaffi: «Perché le bugie e i ragli dei somari che affollano la Rete valgono meno di zero». È il mantra di Roberto Burioni, 54 anni, il virologo dell’ospedale San Raffaele diventato una star grazie al coraggio di stroncare i fabbricanti di bufale.
Soprattutto sui vaccini. In uno dei suoi ultimi post su Facebook, letto da oltre 2 milioni e 400 mila lettori, il medico ristabilisce le (giuste) distanze tra chi sa e chi no: «Preciso che questa pagina non è un luogo dove della gente che non sa nulla può avere un “civile dibattito” per discutere alla pari con me». Così Burioni, innervosito da interventi a sproposito, alle 15.02 del 31 dicembre decide di cancellare i commenti che stavano arrivando sul suo post e di non pubblicarne più. La motivazione: «Qui ha diritto di parola solo chi ha studiato, e non il cittadino comune. La scienza non è democratica».
È una sfida alla Rete in cui tutti pretendono di avere diritto di parola. E lui, Roberto Burioni medico — come s’intitola la pagina Facebook seguita da 135 mila follower — non ci sta. Il post che ha scatenato le polemiche è su una delle bugie che più lo infastidiscono, quella secondo cui i casi di meningite che riempiono le cronache sarebbero dovuti all’afflusso di migranti dal continente africano. «Tanto per cambiare — scrive il virologo — è una menzogna senza senso». Il modo di comunicare è semplice e diretto, ma in fondo ai testi non manca mai la citazione delle fonti scientifiche a sostegno delle affermazioni: «In Europa i tipi predominanti di meningococco sono B e C, ed in particolare i recenti casi sono stati dovuti al meningococco di tipo C; al contrario, in Africa i tipi di meningococco più diffusi sono A, W-135 ed X. Per cui è impossibile che gli immigrati abbiano qualcosa a che fare con l’aumento di meningiti in Toscana. Per cui chi racconta queste bugie è certamente un somaro ignorante». Ma c’è sempre chi non vuole capire, anche per sostenere tesi xenofobe: «Qualche lettore ha iniziato a inserire link di diversi documenti nei quali veniva descritta la presenza del ceppo C in Africa, avendo esso causato un’epidemia in Niger — spiega Burioni —. Purtroppo, però, questi lettori avevano forse letto il contenuto del link, ma non lo avevano capito».
Di qui la decisione di porre fine a un chiacchiericcio antiscientifico: «Anche se per il 99 per cento della popolazione mondiale pensa che due più due fa cinque, due più due continuerà sempre a fare quattro — insiste il medico —. La scienza non va a maggioranza». Del resto chi ascolterebbe una telecronaca di basket da qualcuno che non conosce le regole del gioco? E una di calcio senza sapere che cos’è il fuorigioco? «Lo stesso, a maggior ragione, deve valere per la scienza».
L’idea di parlare su Facebook di vaccini gli è venuta lo scorso maggio, dopo avere assistito a una discussione tra genitori a scuola sull’opportunità di vaccinare i figli. Così Burioni, papà di Caterina Maria, 5 anni, pubblica la foto di Faye Burdett, una bimba di due anni bellissima e in perfetta salute; di fianco posta l’immagine choc di lei in ospedale in fin di vita: «La vedete poco prima della festa di San Valentino — spiega ai lettori — giorno in cui è morta uccisa da una meningite causata dal meningococco di tipo B. Le lesioni che vedete nella sua cute sono provocate da questa terribile infezione. È una foto molto cruda, ma – come ho detto – questa è la malattia terribile che causa il meningococco e questa è una bambina che se fosse stata vaccinata verosimilmente sarebbe ancora viva». E, allora, basta bufale. Del resto, lo diceva anche Umberto Eco: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività».
Il Corriere della Sera – 5 gennaio 2017