Le persone vaccinate contro SARS-CoV-2 che sono state infettate dalle prime sottovarianti di Omicron hanno una protezione quattro volte maggiore contro Omicron BA.5 rispetto alle persone vaccinate che non sono state infettate, secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. «Questi risultati sono molto importanti perché i vaccini adattati in fase di sviluppo e valutazione clinica si basano sulla sottovariante BA.1 del virus, che era una variante dominante nelle infezioni a gennaio e febbraio 2022. Finora non si sapeva quale grado di protezione questa sottovariante offrisse rispetto a quella attualmente in circolazione. Ora abbiamo visto che questa protezione è molto significativa» spiega Luís Graça, dell’Instituto de Medicina Molecular João Lobo Antunes (iMM) e dell’Università di Lisbona, in Portogallo, autore senior dello studio. I ricercatori hanno analizzato la probabilità di infezione con la sottovariante attualmente in circolazione nelle persone vaccinate, stimando il grado di protezione conferito dalle infezioni con varianti precedenti e utilizzando dati del mondo reale. A questo scopo, gli esperti hanno utilizzato i dati del registro portoghese dei casi di COVID-19 a livello nazionale in modo da ottenere informazioni su tutti i casi di infezioni da SARS-CoV-2 nella popolazione di età superiore ai 12 anni residente in Portogallo. La variante virale di ciascuna infezione è stata determinata considerando la data di infezione e la variante dominante in quel momento. Le infezioni causate dalle prime varianti di Omicron BA.1 e BA.2 sono state considerate come un unico insieme. Ebbene, l’analisi dei dati ha mostrato che una precedente infezione da SARS-CoV-2 riduceva il rischio di infezione da BA.5. L’efficacia della protezione per una precedente infezione è stata complessivamente del 52,9%, e, nel dettaglio, del 54,9% per Alpha, del 62,3% per Delta, e dell’80,0% per BA.1/BA.2. «Questo studio dimostra, nel periodo di tempo analizzato, che l’infezione pregressa nelle persone vaccinate, ovvero la cosiddetta immunità ibrida, continua a conferire protezione anche per le varianti che sono note per la loro capacità di eludere la risposta immunitaria, come la sottovariante attualmente dominante» concludono gli autori.
NEJM 2022. Doi: 10.1101/2022.07.27.22277602
https://doi.org/10.1101/2022.07.27.22277602
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