Marco Bonet. Il Corriere del Veneto. Con dati epidemiologici «indubbiamente positivi», così li definisce il presidente della Regione Luca Zaia, e l’attenzione dei veneti oramai focalizzata sulla ripartenza economica da un lato e sulle vacanze dall’altro, gli ultimi echi della furiosa battaglia contro il Covid-19 restano quelli della campagna vaccinale, che prosegue a ritmo sostenuto (anche ieri sono state messe a referto 40 mila iniezioni) nonostante alcuni inciampi.
«Le notizie sul taglio delle forniture nel mese di luglio sono confermate, ci prepariamo ad un’inattesa frenata di cui mi sono già lamentato sabato sera col commissario Figliuolo» ha annunciato ieri Zaia durante quella che è stata presentata come la penultima conferenza stampa a Marghera (l’ultima sarà domani) a riprova che il quadro sanitario non desta più preoccupazioni: «Con la prossima settimana chiudiamo questa esperienza, a mio avviso positiva per tutti. Credo che quella veneta sia stata la comunità più informata d’Italia sull’epidemia». Stop dunque all’appuntamento quotidiano di mezzogiorno, diventato in questi mesi un vero e proprio format televisivo, d’ora in avanti si tornerà ai vecchi punti stampa convocati una tantum secondo necessità.
Si diceva del taglio alle forniture nel mese di luglio: per Pfizer sarà del 25%, da 855 mila dosi a 636 mila; per Moderna addirittura del 65%, da 379 mila a 129 mila. AstraZeneca e Johnson & Johnson? «Non sappiamo cosa farcene e non ne teniamo più conto perché abbiamo scorte sufficienti a coprire tutti i richiami e per le prime dosi sono inutilizzabili». È noto, infatti, che l’indicazione del ministero della Sanità e del Comitato tecnico scientifico è di non utilizzare i vaccini in questione sotto i 60 anni. Considerato che i tassi di copertura per i più anziani sono molto alti (82% per gli over 60, 88% per gli over 70, addirittura 99% per gli over 80), si intuisce per quale motivo «Az» e «J&J» siano destinati a restare in magazzino.
«Leggo che ora si vorrebbe dare “la caccia” agli over 60 rimasti senza copertura – ha commentato Zaia – ma davanti a queste percentuali è difficile andare oltre. Se uno a 60 anni a fine giugno non si è ancora vaccinato è perché non vuole vaccinarsi. Mi pare inutile insistere ed è insensato minacciare una “caccia” visto che la vaccinazione, come abbiamo chiarito più volte, è libera e volontaria». La campagna, nonostante le inadempienze delle case farmaceutiche e alcune resistenze tra i cittadini, sta comunque procedendo bene e secondo Zaia il target dell’immunità di gregge a fine agosto può dirsi confermato. Questo anche grazie ai tassi di copertura delle classi più giovani: 72% per gli over 50, 60% per gli over 40, 47% per gli over 30, 51% per gli over 20 ed un buon 21% per gli over 12. «Chi si vaccina non si ammala in modo grave – ha ripetuto per l’ennesima volta Zaia – e lo dimostra il recente caso di Padova dove una ragazza bengalese di 32 anni, ricoverata purtroppo direttamente in terapia intensiva, è risultata non vaccinata; in Azienda ospedaliera, dove si concentrano i casi più complessi, di 7 ricoverati in terapia intensiva 4 non sono vaccinati e 3 si sono contagiati a pochi giorni dalla prima dose».
C’è poi la polemica innescata da un’analisi della fondazione Gimbe, ente indipendente di valutazione delle politiche sanitarie, secondo cui il Veneto, fin qui portato spesso ad esempio per la sua capacità di testing, avrebbe sensibilmente ridotto il numero di tamponi sul territorio, piazzandosi terzultimo in Italia con appena 50 persone testate ogni 100 mila abitanti. Zaia non ha contestato la ricostruzione di Gimbe («I numeri sono corretti, la fondazione è seria») ma l’ha spiegata così: «Il numero dei tamponi ha una correlazione diretta col numero dei positivi che circolano sul territorio perché, per ciascuno di questi, si vanno a testare familiari, colleghi di lavoro, amici, i “contatti”. Nelle ultime 24 ore abbiamo trovato 8 positivi, praticamente uno per provincia. Anche volendo testare per ciascuno di essi 50 persone, si arriva a 400 tamponi. E noi nelle ultime 24 ore ne abbiamo fatti più di 5 mila». La questione, insomma, sarebbe prettamente statistica, non una scelta di politica sanitaria: «Al contrario, col nuovo piano di sanità partirà una campagna massiva nei luoghi più soggetti ad assembramenti, mentre continuiamo a testare periodicamente operatori sanitari e ospiti delle Rsa». Ma il Pd, con la vicepresidente della commissione Sanità Anna Maria Bigon, incalza: «L’attività di tracciamento deve proseguire in modo accurato e costante: abbiamo visto cosa è successo con la seconda ondata, quando è saltato. È fondamentale continuare a fare tamponi per ridurre il pericolo di una nuova ondata legata alle varianti, a cominciare dalla ‘Delta’ già presente in Veneto».