C’è qualcosa che apparentemente non quadra. Se prendiamo alla lettera quello che ha scritto la direzione prevenzione della Regione nella nota di chiarimento del 30 novembre scorso, invitando chi deve vaccinare i cani dalla rabbia a rivolgersi agli ambulatori privati, allora l’attività programmata dall’Asl 2 di Feltre (uno dei territori in cui si è verificato il maggior numero di casi di malattia) sembrerebbe non essere “in linea”. L’Asl feltrina invita i possessori di cani, infatti, a presentarsi all’ambulatorio Asl o ai raduni che verranno organizzati in queste settimane per facilitare i richiami vaccinali. Ma la vaccinazione antirabbica, resa obbligatoria nei territori a rischio, è una prestazione di sanità pubblica e la rabbia, lo ricordiamo, è una zoonosi mortale anche per l’uomo.
Ci chiediamo allora, al contrario: è legittimo limitare le potenzialità delle Asl di erogare prestazioni sanitarie nel proprio territorio quando questo sia interessato dalla malattia? In un quadro in cui le condizioni epidemiologiche dello scorso anno suggeriscono l’obbligatorietà della vaccinazione, è davvero singolare che la Regione possa escludere l’uso di personale Asl.