Katiusha Balansino, 37 anni, ha lasciato Milano per vivere e lavorare sul Lago Maggiore. L’azienda agricola produce lana, latticini e cosmetici
Si fa presto a dire «lascio tutto e vado a mungere le capre». Soprattutto se a pensarlo è una giovane laureata in giurisprudenza, avvocato in carriera a Milano, anzi alla vigilia degli esami per entrare in magistratura perché voleva fare la pm («Il mio modello allora era Di Pietro», dice). Katiusha Balansino, che a 37 anni ne dimostra qualcuno di meno, ha avuto il coraggio di togliersi la toga dalle spalle. Convinta, decisa a lasciarla cadere con tutto il bagaglio di un brillante curriculum che sicuramente, vista la determinazione, l’avrebbe portata a sostenere vibranti requisitorie in aula. A Milano direbbero: «Ha fatto una mattanata».
Un sogno realizzato.
Ma oggi, mentre racconta questa bellissima storia di “provinciale per scelta”, affacciata su un balcone naturale di castagneti e prati sovrastanti il Lago Maggiore, Katiusha sorride con la soddisfazione stampata sul viso di una ragazzina che ha realizzato un sogno. Tutt’attorno a lei, in una cornice quasi fiabesca, capre cashmire e asine ragusane. Un salto dal palazzo di giustizia milanese, quello che Katiusha guardava con aspirazione di studentessa ai tempi di «Mani Pulite», al Motto Mirabello, fuori dal mondo, o quasi.
Sul Lago Maggiore.
Perché si arriva quassù passando per Oleggio Castello o salendo da Arona sino a 600 metri. Scoprirono e scelsero questo luogo nel 2004 anche Katiusha e il suo compagno Roberto Garavello, allora industriale milanese nel settore dei servizi della gestione alberghiera (azienda di 180 dipendenti, 1800 hotel da servire). Se ne innamorano subito e decisero di tagliare con il passato e la Milano dello stress. Un cambio di vita netto, ben consapevoli che sarebbe stata un’avventura perché nessuno dei due si era mai occupato di zootecnia. «Niente rimpianti per non svegliarsi più sotto la Madonnina di Milano – dice Katiusha – nelle giornate terse la vediamo da qui, che luccica al sole. Sapevamo che saremmo andati incontro a difficoltà, ma io non mi sono spaventata». Prima di insediarsi sulle colline del Novarese, lei veniva da un tentativo in Valle di Susa, dove gli spazi e le condizioni non si erano rivelati ottimali. Il Motto Mirabello, invece, è la vera terra promessa.
Preziosa lana di Cachemire.
I risultati sono lì da vedere: una quarantina di capre cachemire, quasi tutte gravide, e un’altra trentina di asine ragusane. Dalle prime, Katiusha con il marito, la sorella, il cognato e un dipendente romeno, ricavano lana preziosa poi rivenduta ai privati. Ma soprattutto il latte, così come dalle asine. Con il latte, lavorato in un laboratorio specializzato di San Marino, si producono cosmetici. Katiusha, che nel frattempo è diventata un’imprenditrice vera e va orgogliosa della Coldiretti cui è iscritta, dice che è un successo: il latte di capra e asina fa bene alla pelle, è richiesto in tutta Italia e tra i clienti c’è un rappresentante del Kuwait.
Piccoli e grandi progetti.
L’azienda agricola produce anche formaggi e salumi ricavati da un piccolo allevamento di maiali allo stato brado nel bosco. Partecipa a fiere (presto sarà a Lione e Marsiglia). E ora punta sulla grande distribuzione: «Incomiciamo dall’acqua – dice il marito – che raccogliamo dal cielo. La filtriamo con un depuratore e la vendiamo alla catena che installa distributori automatici nei punti vendita». Per l’avvocatessa che sognava di fare il magistrato d’assalto la vera realizzazione si è materializzata lontano dalla città, dove ha imparato a inventarsi e conoscere anche la disperazione. Come quella volta di tre anni fa, quando i cani randagi di notte le sgozzarono trenta caprette. Una lacrima, ma Katiusha strinse i denti e reagì
La Stampa – 23 settembre 2012