È proprio vero che esiste sempre un Nord più a nord del Nord. Infatti non c’è solo la battaglia sulle risorse tra il Veneto e il Sud, ma pure nello stesso Veneto ora ci si attacca tra Usl e Usl, tra «virtuosi » e «spreconi». Così, per la prima volta, anche i direttori generali escono allo scoperto, al grido di «basta tagli alle aziende sanitarie virtuose». Per le altre, invece, si faccia avanti la scure. Prima o poi doveva succedere, e l’occasione è arrivata durante un convegno della Cisl di Treviso sul futuro della sanità veneta. Davanti a un parterre di pensionati inferociti per le future riorganizzazioni, i d.g. delle tre Usl trevigiane si sono fatti i conti i tasca e hanno chiesto alla Regione, a fronte degli sforzi già compiuti, di non penalizzarle. Leggi la risposta dei Dg di Arzignano e Bussolengo, Alessi e Dall’Ora
«Non vorrei ci fossero dei razionamenti con tagli alle risorse che vanno dal 5 al 10% – ha messo le mani avanti il d.g. dell’Usl 9 Claudio Dario -ma se così fosse, non è giusto colpire anche chi ha dimostrato di essere virtuoso ».
Dati alla mano, l’Usl 8 di Asolo, la 7 di Pieve di Soligo e la 9 di Treviso, «ricevono una quota pro capite inferiore di 65 euro alla media regionale ». «Se tutte le aziende sanitarie fossero finanziate con una simile ripartizione – analizza Dario – in Veneto si spenderebbero ogni anno 320 milioni di euro in meno, riuscendo ovviamente a garantire gli stessi servizi ». Basta sapersi organizzare. «I trasferimenti regionali sono adeguati, ma ci sono delle differenze da non dimenticare. Per esempio, nell’Usl di Treviso abbiamo solo due reparti di Pronto Soccorso per un territorio con oltre 400mila abitanti. A Bussolengo, nel Veronese, dove gli utenti sono 210mila, ne hanno addirittura 6. Oppure Arzignano, dove sono attivi 4 Pronto Soccorso per 180mila utenti, meno della metà di quelli presenti nel nostro territorio ». Dalla battaglia tra Nord e Sud a quella tra Est e Ovest, insomma. Della stessa opinione Renato Mason, direttore generale dell’Usl 8, che accosta il concetto di «spread» al futuro dei conti della sanità veneta: «Prevediamo un aumento delle risorse annue dell’1% a fronte di una crescita dei costi del 3,5%. Vuol dire che in Veneto si salverà solo chi saprà riorganizzarsi, cercando di portare i servizi nel territorio, fuori dall’ospedale».
Bisogna chiudere i bottegoni », aveva rilanciato la scorsa settimana a Mestre l’ex ministro delWelfare, Maurizio Sacconi, riferendosi agli ospedali inefficienti, ribadendo la necessità di introdurre principi finanziari uguali per tutti: «Bisogna iniziare ad applicare i costi standard non solo tra regione e regione in Italia, ma anche all’interno delle stesse regioni, tra città diverse ed aziende sanitarie diverse». In modo che agli stessi servizi corrispondano ovunque gli stessi costi. Cerca di gettare acqua sul fuoco e chiudere la bagarre tra «virtuosi» e «spreconi» l’assessore regionale alla Sanità, il veronese Luca Coletto, secondo cui «questa polemica tra direttori generali è una guerra tra poveri: invece di alimentare tensioni tra di noi – avverte Coletto – preoccupiamoci di Roma che ci sfila il portafogli. E’ vero che c’è un disequilibrio tra Usl – ammette l’assessore – ma non è un problema di costi delle singole strutture bensì di territorio, perché ci sono zone scarsamente antropizzate o caratterizzate da difficoltà ambientali ». Quanto alle Usl veronesi, «sono un problema che non c’è, basta guardare le quote pro capite per vedere che sono in linea con il resto del Veneto. In ogni caso parte degli ospedali verranno riconvertiti. E credo sarà possibile, anche se molti pensano il contrario, procedere con la riduzione del numero delle aziende sanitarie». Forse non Usl provinciali, ma basate sul numero dei residenti: «L’indicazione ottimale sarebbe una ogni 300mila abitanti».
Corriere del Veneto – 3 marzo 2012