Era estate quando arrivò al confine tra Trento e Verona. Il lupo sloveno aveva percorso una grande distanza. Lì incontrò una lupa. Nacquero dei lupetti e formarono un branco. Animali così non se ne vedevano sulle Alpi trentine da un secolo e mezzo. L’orso bruno invece in Trentino c’è ritornato con l’invito. Era il 1999. Un professore tedesco, W. Schöder, che collaborava alla ripopolazione del Parco Naturale Adamello-Brenta, sentenziò: «Se vogliano evitare l’estinzione bisogna farli venire dalla Slovenia». E così è andata.
L’estinzione è stata evitata e gli animali selvatici sono ritornati. Tanto che oggi il parco vanta un primato, quello di essere tra i più popolati d’Europa. Per numero di prede (camosci, cervi, cerbiatti). E varietà di predatori carnivori: orsi, lupi e linci.
In poco meno di due decenni, gli orsi bruni si sono moltiplicati: sono cinquanta. Il primo ad esser catturato e rilasciato nel Parco fu Masun. Di lui si son perse le tracce. La vita media di un orso è di 15 anni. Oggi quelli che scorrazzano sono di seconda e terza generazione. Sloveni di origine, trentini di fatto. Animali-star per i turisti a caccia di foto; bestie pericolosissime da cacciare per gli allevatori che denunciano il massacro continuo di capre, pecore, mucche e galline. Nel Parco si scontrano così due posizioni: la biodiversità sostenuta dagli animalisti e la paura vissuta dai residenti. Con in mezzo l’ente (non filosofico): la Provincia di Trento, che tenta di far coesistere uomini e carnivori. Non facile nella catena montuosa più popolata al mondo (le Alpi).
È per via di un progetto iniziato alla fine degli anni 90 che siamo arrivati fin qui. Quel che affascinava i sostenitori della biodiversità era far ritornare animali selvatici nelle Dolomiti. Ci sono riusciti. Se la fauna cresce, è il ragionamento, significa che l’ambiente è eccellente. Per questo il Parco viene gestito in modo che ci sia sempre un numero alto di animali. I sessantamila tra cervi, caprioli, camosci e stambecchi, vivono in un’area in cui il rapporto è di dieci animali per chilometro quadrato. Attirano i carnivori. E le aquile.
Quello del lupo è stato un ritorno spontaneo. Dopo più di un secolo e mezzo è riapparso da Ovest (Piemonte) e da Est (Slovenia). È monogamo e si riproduce in fretta. L’orso invece si sposta entro un raggio più ridotto. Tutte le femmine sono in Trentino. E qui si apre la questione che divide: era opportuno reintrodurre animali selvatici e carnivori in aree abitate da umani? Per Claudio Groff del servizio Foreste e Fauna della Provincia di Trento, la questione andrebbe vissuta laicamente. Da parte delle associazioni animaliste e dai residenti che non vogliono orsi e lupi. «Di danni ne fanno. Ma l’alternativa è abbatterli e ricacciarli dalle Alpi». Groff, come il Presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, crede nella coesistenza. Bastano pochi accorgimenti. «Gli allevatori devono costruire un recinto e installare reti elettriche in prossimità degli alveari».
È vero che l’orso è un animale opportunista. Può anche distruggere ciò che incontra senza farsi troppi scrupoli. «Però la gente teme quello che non c’è», continua Groff. «Intanto sono controllati. Con le feci e il pelo conosciamo il sesso e l’età di ognuno di loro. Si pensa che attacchi per uccidere. Ma è l’orso che ha paura. Si nasconde e si muove di notte».
Rossi è ottimista: «I residenti possono stare tranquilli. Abbiamo un corpo forestale professionale. E siamo gli unici a rimborsare i danni entro 60 giorni. Possiamo migliorare il grado di efficienza: aspettiamo dal ministero dell’Ambiente di avere più autonomia. Per essere più rapidi nell’attuare le direttive europee» (i danni provocati dai carnivori agli allevatori costano alla Provincia 120 mila euro l’anno per 150-200 incidenti a stagione).
È per via di un’orsa con due cuccioli che Groff ha capito che s’inventano pure i giochi. «Non è facile incontrarli. Ma a furia di seguirli con radiocollare capita ogni tanto di vederne uno. Un giorno ero convinto di aver assistito ad una caduta. Un’orsa è scivolata sull’erba bagnata. Poi però s’è rialzata e l’ha rifatto più volte. Con i cuccioli». Giocava.
Agostino Gramigna – Il Corriere della Sera – 8 agosto 2016