Sì a una tassa sul consumo di carne, ma solo a determinate condizioni e soprattutto se la si giustifica per proteggere il benessere animale. È quanto emerge da uno studio, pubblicato di recente sulla rivista Nature, effettuato su oltre 2800 cittadini tedeschi. L’esperimento ha mostrato come in Germania ci sia disponibilità a questo tipo di intervento, dove il governo guidato da Olaf Scholz si sta impegnando su più fronti per una virata decisa nell’alimentazione dei suoi cittadini per proteggere salute, clima e bestiame.
Chiamatela “imposta”
In tempi di inflazione alle stelle e prezzi alimentari in aumento in tutto il mondo, aggiungere una tassa è una vera e propria sfida politica. Ciò nonostante, numerosi sondaggi ed esperimenti hanno esaminato le preferenze degli individui riguardo ai regimi fiscali e ai prodotti animali in particolare. Il sostegno pubblico si può ottenere se si rispettano determinati parametri: ad esempio l’astenersi dal definire l’imposta una tassa, l’assegnazione specifica di dove andranno le entrate, l’istituzione di una tassazione progressiva e una spiegazione chiara dell’impatto della stessa.
Criteri differenziati
Per questo motivo Grischa Perino ed Henrike Schwickert dell’Università di Amburgo hanno in primo luogo individuato i criteri dell’imposta: livello e differenziazione della stessa, giustificazione e importanza degli effetti comportamentali. Hanno quindi testato le differenze tra i livelli di sostegno, sottoponendo ipotesi diverse: quantità della tassazione, giustificazione per il benessere animale o per il clima, tipologia di imposta (uniforme o mirata su alcuni prodotti reputati più dannosi). Hanno così realizzato un esperimento di scelta referendaria, in cui a un campione rappresentativo della popolazione adulta online tedesca è stato chiesto di votare su diverse tipologie di tasse sulla carne. I partecipanti sapevano che i risultati del referendum sarebbero stati inviati alle commissioni del parlamento tedesco responsabili per l’agricoltura e l’ambiente.
Nuove abitudini
Una tassa più bassa, pari a 19 centesimi di euro al chilo, ha trovato un ampio consenso a prescindere dal tipo di motivazione addotta. Una tassa più elevata (50 centesimi al chilo) ha trovato invece maggiore sostegno se giustificata con la tutela delle condizioni degli animali. Secondo i ricercatori questo risultato è coerente con i risultati di esperimenti e sondaggi sulle etichette e sulla fornitura di informazioni, in cui le argomentazioni sul benessere si sono rivelate più importanti o efficaci nell’indurre un cambiamento nei comportamenti rispetto alle argomentazioni sulla protezione del clima. Gli scienziati hanno poi dedotto che una tassa uniforme sui prodotti animali, a prescindere dalla tipologia di allevamento, riduce il consumo di carne in generale poiché non modifica i prezzi relativi all’interno delle categorie di carne. Nel caso di un’imposta differenziata, basata ad esempio sul tipo di carne e sull’impatto dell’impronta carbonio, influenzerebbe invece sia il livello di acquisti, ma anche la composizione dei prodotti a base di carne consumati (es. tra bovini e suini, tra allevamenti intensivi e biologici).
Le motivazioni
Il dibattito sul consumo e la produzione eccessiva di carne e latticini è in cima all’agenda del dibattito pubblico e delle scelte politiche, con il settore dell’allevamento che è responsabile del 14,5% di tutte le emissioni di gas a effetto serra di origine umana. Ad incidere sono soprattutto le condizioni intensive di allevamento, che oltre ad inquinare si abbinano spesso a condizioni dolorose per gli animali. Privati quasi del tutto di luce e accesso all’aria aperta, soffrono di malattie dovute al sovraffollamento o subiscono mutilazioni come il taglio della coda dei maiali e quello del becco delle galline. A questo si aggiunga anche le spesso pessime condizioni di lavoro nelle aziende di lavorazione della carne, che pure hanno suscitato dibattiti sia in Germania che in Spagna. Tutti questi fattori stanno assumendo una rilevanza sempre maggiore nelle scelte alimentari dei cittadini europei.
Scelte pubbliche e private
Finora hanno però prevalso le decisioni di natura individuale, che oscillano dal vegani ai flexitariani, disposti a ridurre il consumo di bistecche e stufati purché si riescano a trovare alternative valide in termini di gusto. Ma quali risposte adottare in termini di politiche pubbliche? Dal canto suo l’Unione europea ha sviluppato la strategia Farm to fork per promuovere un consumo maggiore di frutta, verdura e proteine alternative. È in fase di revisione la normativa che concerne il benessere animale, in termini di condizioni degli allevamenti, trasporto e macellazione. Alcune città, come Edimburgo, stanno aderendo a dei protocolli, impegnandosi ad offrire nei menù delle mense pubbliche (istituzioni, scuole ed ospedali) come scelta primaria piatti privi di carne.
Proposte made in Germany
La Germania intende accelerare questo processo ed essere all’avanguardia in questa svolta. Sta quindi cercando idee funzionali al progetto anche in termini di tassazione. Il partito dei Verdi tedesco ha proposto un’imposta climatica sui prodotti animali. Una commissione di esperti istituita da un precedente ministro tedesco dell’Alimentazione e dell’agricoltura aveva suggerito di istituire un’imposta fissa sul consumo in favore del benessere degli animali, la cosiddetta Tierwohlabgabe, su ogni chilogrammo di carne venduta. Le entrate sarebbero state destinate a sostenere gli allevamenti nel miglioramento delle condizioni di allevamento.
Corrispondenze
Anche se la composizione politica è mutata, nell’aprile 2022 la commissione di esperti ha ricordato al nuovo governo la sua raccomandazione. La ricerca ha quindi confermato la potenziale efficacia di questa misura. “Questo livello di una tassa sul benessere degli animali corrisponde alla proposta della commissione di esperti che riferisce al precedente governo tedesco”, hanno scritto gli scienziati, sottolinenado che “la proposta è sostenuta dagli elettori al momento dell’esperimento”, tenuto quindi conto dell’attuale reddito disponibile dei partecipanti, dei recenti dibattiti sociali e di altri fattori strutturali e individuali.
https://www.agrifoodtoday.it/ambiente-clima/tassa-carne-benessere-animale.html