L’intero schieramento politico si riconosce nel messaggio che Sergio Mattarella ha pronunciato, secondo tradizione, la sera di San Silvestro. La prima a complimentarsi per telefono è stata Giorgia Meloni, a riprova che i suoi rapporti col Colle sono tutt’altro che negativi; hanno gareggiato negli apprezzamenti Enrico Letta e Matteo Salvini, Elly Schlein e Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e Giuseppe Conte, per citarne soltanto alcuni, ciascuno cogliendo gli aspetti più consoni alle rispettive visioni. Il discorso, pronunciato in piedi, è stato seguito da circa 11 milioni di telespettatori, che sono 2 milioni in meno del Guinness registrato lo scorso anno ma con uno “share”, che sarebbe la percentuale di ascolto, leggermente migliore (67 contro 65). Un gradimento così elevato si spiega con l’equilibrio complessivo del messaggio che in 16 minuti ha toccato una pluralità di corde, dando a ciascuno il suo.
Il senso generale è un netto «no» ai passatismi, «no» al rimpianto del tempo che fu, «no» allo sguardo perennemente rivolto indietro. Gli atteggiamenti nostalgici, in senso lato si capisce, sono il nemico da combattere. Attardarsi nelle retrovie della storia «non è soltanto un errore, è anche un’illusione» avverte Mattarella che invita tutti a confrontarsi con la modernità, a cavalcare il cambiamento, a tuffarsi con coraggio nella propria epoca; per dirla con le sue parole, «a leggere il presente con gli occhi di domani». Tradotto in concreto, il messaggio ha molti destinatari. Sull’energia, per esempio, Mattarella non vede di buon occhio le «fonti inquinanti, dannose per la salute e l’ambiente» che qualcuno vorrebbe sfruttare ancora chissà per quanto. Rispetto alla trasformazione digitale, il presidente spinge per bruciare le tappe laddove, nelle stanze del governo, c’è chi vorrebbe abolire lo Spid e ricominciare tutto daccapo.
Qualcuno ha colto una critica all’esecutivo là dove Mattarella elogia il «senso civico di chi paga le imposte, perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune». Se è per questo, di passaggi che suonano come pungolo alle forze politiche in generale ce ne sono parecchi. Sulla salute, anzitutto, rafforzando «quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale» che purtroppo rischia di cadere a pezzi per mancanza di finanziamenti adeguati. Sul lavoro che manca («troppo alto è il prezzo pagato alla disoccupazione e alla precarietà»). Sulle diseguaglianze tra Nord e Meridione che i progetti di autonomia differenziata rischiano di amplificare. Sulla povertà minorile che, denuncia il presidente della Repubblica, «dal 2008 a oggi è quadruplicata». Lunga sarebbe la lista dei mali nazionali. Mattarella accende i riflettori su una tragedia spesso ignorata, quella dei morti sulle strade, dei ragazzi che «perdono la vita di notte per incidenti d’auto a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti». Altro che “rave”: chi può si dia da fare.
Il messaggio è piaciuto a Giorgia Meloni perché, come ha spiegato Palazzo Chigi in una nota, Mattarella segnala «il grande significato sociale e culturale» di una donna per la prima volta alla guida del governo. È una conquista che il capo dello Stato inquadra in un orizzonte ancora più ambizioso. Vi scorge la dimostrazione che viviamo «una democrazia matura, compiuta», capace di evolvere, di superare le arretratezze, di stare al passo coi tempi, di crescere anche sul terreno della responsabilità collettiva. «Nell’arco di pochi anni», constata compiaciuto il presidente, «si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento», anti-sistema compresi. Ciò rappresenta un progresso perché «tutte queste forze», insiste Mattarella, sono state poste «di fronte alla necessità di misurarsi con le difficoltà del governare». Ne deriva un accresciuto senso della realtà, una «comune visione» che supera le differenze tra maggioranza e opposizione. La forza della Repubblica, la «nostra Patria», sta proprio nel suo carattere inclusivo. E se la Costituzione del ’48 funziona così bene, viene da domandarsi sentito Mattarella, perché cambiarla? —
La Stampa Ugo Magri