Nuovo record per i voucher, i buoni lavoro da 10 euro lordi l’ora: 134 milioni venduti nel 2016. Ma negli ultimi mesi rallenta il loro ritmo di crescita. Fin quasi ad azzerarsi in dicembre, a quota 11,5 milioni, un soffio sopra il livello di dicembre 2015 (+0,8%). Per il ministro del lavoro Giuliano Poletti è il «primo effetto delle norme sulla tracciabilità introdotte a ottobre». Quelle che impongono l’obbligo di invio di sms o mail all’Ispettorato almeno 60 minuti prima dell’inizio del lavoro.
Sia come sia, la ritrovata stabilizzazione dei buoni a livelli comunque molto alti non placa le critiche di chi, come la Cgil, ne vuole l’abolizione in quanto strumento di precariato e abuso. E per questo ha promosso un referendum. Anche perché i conti non tornano, come segnala la Uil. Gli ultimi dati Inps sull’intero 2016, comunicati ieri, stridono con i penultimi resi noti un mese fa. Allora si diceva che da gennaio a ottobre erano stati venduti 121,5 milioni di voucher, record assoluto. Quel dato viene ora ritoccato a 112 milioni, il 7% in meno. Una correzione non banale – 9 milioni di ticket “spariti” frutto di una revisione non solo di tutti i mesi del 2016, spiega l’Inps, ma di analogo ricalcolo (dall’impatto però più contenuto) del 2015 e pure del 2014. L’ente guidato da Boeri si sarebbe accorto di un disallineamento tra ticket emessi e ticket venduti, ovvero di buoni “prenotati” dai committenti ma poi non pagati. «Servono dati più chiari», insiste Guglielmo Loy, segretario confederale Uil.
Da parte sua, la Cgil ammette la frenata di fine anno. Ma fa pure notare che i voucher sono cresciuti del 23,9% rispetto al 2015 e del 95% sul 2014. E chiede al presidente Boeri, tramite il Civ, organo interno dell’Inps, di rivelare la lista delle imprese che più ne fanno uso. Richiesta caduta, per ora, nel vuoto. Ma il muro della privacy, evocato dall’ente, non convince il sindacato della Camusso, travolto dalle polemiche per i 750 mila ticket, odiati ma usati per retribuire i pensionati. Dato sensibile, rivelato proprio dal presidente Boeri. L’Inps si è limitato a inviare alla Cgil tabelle senza nomi, ma che raccontano un’alta concentrazione nell’uso dei buoni. I primi 5 mila committenti, circa il 2% del totale, gestisce la metà dei voucher venduti nell’industria e terziario (33 milioni su 66). Tra questi, ci sono 2.820 società a responsabilità limitata, 289 società per azioni, 376 associazioni e fondazioni, 408 cooperative, 182 società pubbliche, 36 organizzazioni sindacali. In media usano 105 voucher per lavoratore e spendono 67 mila euro in ticket. Tra le grandi società a proprio agio con i buoni lavoro, spicca anche la Juventus Spa. Tra il primo luglio 2015 e il 30 luglio 2016, il club bianconero ne ha utilizzati 147 mila, per una spesa di 1 milione e mezzo di euro. Livello analogo a quello della Cisl. E giustificato dalla necessità di retribuire steward, hostess e addetti ai piccoli punti vendita dello stadio di proprietà. Un servizio prima affidato a fornitori esterni, ora condotto in proprio «nella massima trasparenza», con un ufficio ad hoc. «Uno strumento ideale per gestire fabbisogni di personale da impiegare per poche ore alla settimana», spiegava Sergio Spinelli, capo delle Risorse umane, in un intervento pubblicato dal centro studi Aidp. «È importante che la lotta contro gli abusi – giusta e doverosa – non travolga l’intero strumento». Nella stagione 2015-2016, la Juventus contava su 1.482 addetti allo stadio, di cui 800 scelti per la domenica, studenti o lavoratori “maturi” che «vogliono vivere da dentro l’esperienza della partita». Per tutti, almeno 24 ore di formazione. Per questo, diceva Spinelli, «salviamo il soldato voucher!».
Repubblica – 20 gennaio 2017